Era il 6 Gennaio 1482. Torna a Racconti

Il popolo di Parigi si era svegliato al suono delle campane della Cattedrale.
La città s’apprestava a festeggiare «Le jour des Rois» (Epifania) e la Festa dei Folli, festa molto attesa per l’eccentrica elezione del papa dei folli. Il vincitore? Certamente il più bello e più affascinante; colui che avrebbe conquistato la folla col sorriso più dolce, la voce più suadente ed il gesto più elegante.
Alle dieci della mattina la rassegna cominciò: le ragazze più carine ed i ragazzi più affascinanti di Parigi si avvicendarono sul sagrato della Cattedrale per esibirsi.
Anche Febo de Chateaupers, capitano degli arcieri del Re, partecipò alla manifestazione. I suoi occhi color del cielo, la sua voce accattivante, i suoi modi non certo aristocratici, ma molto decisi e virili conquistarono la folla e fu subito eletto papa dei folli e portato in trionfo tra grida osannanti e fuochi di gioia accesi in diversi luoghi della città.

Il poeta Gringoire, deluso poiché la manifestazione aveva distolto l’attenzione della gente dalla rappresentazione teatrale che aveva preparato per l’occasione, era molto giù di morale. Era affamato e il freddo intenso gli intorpidiva le membra. Non poteva rientrare nel suo misero alloggio perché non avrebbe potuto pagare il padrone a causa del clamoroso insuccesso della sua rappresentazione.
Decise perciò di cercare fortuna altrove.
Se ne andò sconsolato per i vicoli di Parigi, triste e stanco quando scorse in lontananza un fuoco di gioia acceso per illuminare lo spettacolo di una meravigliosa creatura che danzava divinamente al suono del suo tamburello, accompagnando il ritmo con movimenti sinuosi e molto sensuali che attraevano le attenzioni degli uomini, ma anche l’ammirazione di tutte le donne presenti.
Gringoire non perse un solo movimento della splendida Esmeralda. La danza era sempre più frenetica e il poeta se ne innamorò, ma non fu l’unico. Se fosse stato solo un po’ più attento si sarebbe accorto che dall’altra parte della strada era nascosta, aiutata dall’ombra della notte, un’altra figura. Essa era di alcuni centimetri più alta di lui ed indossava un mantello nero, logoro e consunto dal tempo che ricadeva senza forma sul corpo asciutto del viandante.
Ad uno sguardo più attento il poeta si sarebbe accorto che quella figura apparteneva al suo vecchio mecenate Frollo caduto in disgrazia, si diceva, per colpa di una vecchia zingara che, per vendetta, l’aveva maledetto e costretto ad abbandonare la sua cattedrale, i suoi libri e a vagabondare per il mondo in cerca di un cuore da amare e dal quale ricevere amore.


 Era stato uno strano incontro quello tra Esmeralda e il buon vecchio Frollo. Erano passati alcuni mesi da quando il prete l’aveva salvata dalle grinfie di alcuni giovani soldati che, brilli, avevano cercato di rapirla…
In quel momento stava camminando solitario tra le stradine di Parigi, rimuginando sulla sua sorte, quando aveva udito le grida disperate della povera zingara. Era accorso in suo aiuto, ma quando vide i tre soldati si fermò di botto, cosa avrebbe potuto fare un uomo solo, e per giunta scheletrico, contro tre ragazzi prestanti come loro? Ma il fato venne in suo aiuto… quei tre si trovarono davanti ad una figura emaciata e scura più della notte e credendola un fantasma, scapparono a gambe levate. Esmeralda ebbe la stessa sensazione e stremata dalla paura, cadde al suolo, con i vestiti strappati a causa dell’aggressione.
Per pietà- disse giungendo le mani, - Non fatemi del male spirito della notte!-
Frollo si chinò verso di lei, e la ragazza si ritrasse spaventata e tremante. Il prete fece scivolare il suo mantello sulle spalle della giovane e si rivelò essere un uomo, non un’apparizione demoniaca. Esmeralda si strinse nel mantello nero, guardò il suo salvatore e accennò ad un timido sorriso. –Siete un uomo!- Il sollievo espresso da quelle parole giunse alle orecchie del prete, che le sorrise a sua volta. – Si bambina mia, certo che lo sono!- Poi si guardò intorno e le tese una mano per aiutarla a rialzarsi. – Che fate in giro a quest’ora della notte? Questa zona di Parigi è pericolosa per una ragazzina come voi! Qui vivono i peggiori malviventi, assassini, ladri, zingari…- Esmeralda si ritrasse indignata, come poteva costui paragonare gli zingari ai malviventi? Non era lei pure una zingara? – Signore, non posso accettare aiuto da qualcuno che mi crede una donnaccia, io sono gitana!- disse la fanciulla gettando ai piedi del prete il mantello. Frollo vide la ragazza brillare di fierezza e si rese conto solo in quel momento della bellezza della giovane zingara. – Perdonami! Dico così perché gli zingari mi hanno fatto solo del male…- A quel punto non riuscì a continuare, emise solo un gemito strozzato e si accasciò a terra… gli era tornata in mente la maledizione della vecchia zingara.
Esmeralda si scostò, un poco impaurita dalla reazione di quell’uomo, ma la sua curiosità e il suo buon cuore ebbero la meglio e si sedette accanto a lui. – Cosa vi hanno fatto di male gli zingari?- Frollo alzò il viso bagnato di lacrime verso la giovane e fissò incantato i suoi occhi neri come carboni ardenti. –Non è una bella storia, perdonatemi per ciò che ho detto, se voi siete zingara allora devono esistere degli angeli anche tra loro!- Esmeralda gli prese la mano tra le sue e cominciò a cantare una nenia in una lingua sconosciuta. La sua voce era così dolce che il prete chiuse gli occhi e si trovò a viaggiare sulle note di quella canzone verso mondi lontani e felici… Ad un tratto Esmeralda si ricordò dei suoi vestiti strappati, e in uno slancio di pudore si staccò da Frollo e si richiuse nel mantello offertogli dal prete.
-Ma voi chi siete?- domandò la ragazza, una leggera paura si era impossessata di lei, si trovava con i vestiti in brandelli, di notte con un uomo che non conosceva…- Mi chiamo Claudio Frollo… sono alla ricerca di… qualcosa- - E la cercate di notte?- La titubanza dell’uomo le aveva fatto capire che non era pericoloso. – La cerco sempre e ovunque!- - Deve essere una cosa preziosa se la cercate con tanto affanno!- - Si, molto preziosa e molto rara! Ma ora dovete tornare a casa, guardate in che condizioni siete!- - Avete ragione, ma vi prego, accompagnatemi voi, mi sento sicura al vostro fianco!- Frollo era restio alla proposta della gitana, probabilmente viveva con altri zingari, e questo lo spaventava, ma d’altra parte non voleva lasciarla sola, e poi si sentiva attratto da lei….no! non doveva neppure pensare che forse lei avrebbe potuto infrangere la maledizione! Era una zingara!
- Allora?- La sua voce lo scosse dai suoi pensieri. – Si, vi accompagnerò- Esmeralda batté le mani entusiasta e si avviò verso l’oscurità della notte.
Camminarono tranquilli, parlando degli avvenimenti di quegli ultimi giorni e di mille altre cose finché non arrivarono in una piazza nascosta tra palazzoni cadenti e diroccati. – Questa è la mia casa, la Corte dei Miracoli!- disse la giovane zingara spiegando il braccio. Frollo abbracciò con uno sguardo tutta la piazza e vide tutta la miseria che vi regnava sovrana. Bambini mezzi nudi correvano al centro della piazza, donne in abiti succinti ridevano a fianco di uomini che probabilmente non conoscevano il significato della parola Innocenza…
-Venite!- Esmeralda trascinò il prete verso una porta e lo fece entrare con lei. Si ritrovarono in una stanzetta spoglia, ma tuttavia ordinata, la giovane accese un lume e si voltò verso di lui. – Volete mangiare qualcosa finché io mi vesto?- Frollo fece cenno di no con una mano e sorrise. – Torno subito!- Come un vortice sparì dietro una piccola porta che l’uomo non avevo notato. Il prete si trovò da solo con i suoi pensieri… cosa ci faceva li? Doveva andarsene al più presto, si sentiva già intrappolato dal sorriso di quella fanciulla… non poteva rischiare di innamorarsene, lei non avrebbe potuto mai far dissolvere la maledizione… come poteva essere amato da una creatura così bella e magica?
Quando Esmeralda tornò nella stanza, non c’era più traccia dell’uomo che l’aveva salvata, sentì la tristezza che le pesava sul cuore, ma chi era veramente quell’uomo?
Fu così che il prete incontrò per la prima volta la dolce Esmeralda, ed ora che la guardava danzare tutto lo stordimento di quel giorno lontano gli piombava addosso come una coltre di ferro. Se ne andò scuotendo la testa, cercando di soffocare l’amore che stava nascendo silenzioso dentro il suo cuore.
 

Mentre Esmeralda danzava incantando tutti i presenti, arrivò la folla che acclamava il Papa dei Folli, che veniva portato in testa circondato da innumerevoli fanciulle in età da marito.
La zingara fermò il suo ballo e incuriosita si avvicinò alla folla per vedere il tanto acclamato Papa. La gente le aprì un varco, spinta forse dalla forza della bellezza che emanava, così la ragazza si trovò davanti il bel cavaliere che festeggiava baciando ogni ragazza che gli capitava. Ma quando alzò lo sguardo e incontrò gli occhi divertiti della zingara, i suoi movimenti si gelarono e rimase immobile a fissare quell’incantevole creatura. Le si avvicinò, le prese la mano e gliela baciò. – Capitano Febo di Chateaupers, al vostro servizio- La gitana rimase interdetta, ritirò la mano e si scostò dal cavaliere. – Vi faccio dunque paura?- Domandò il soldato imbronciato- Certo che no- rispose lei risoluta, - ma è meglio che un nobile come voi non baci le mani a una zingara come me!- Detto questo si allontanò veloce come una saetta senza che nessuno capisse dove fosse andata. – Chi è quella creatura così bella e sfuggente?- chiese il capitano ad un passante. – E’ la zingara Esmeralda, balla e canta nelle piazze di Parigi. Nessuna sa da dove venga, è un’apparizione!- - Un’apparizione che mi ha rapito il cuore!- Sospirò il bel giovane.
-Largo alla promessa sposa del Papa!- si udì urlare dal fondo della parata. Un donnone si fece avanti trascinando con sé una giovane fanciulla che non sembrava molto felice di trovarsi li. – Eccola la bella Fiordaliso- In molti si scostarono per ammirare meglio la bellezza della ragazza, quanto la zingara era una bellezza della notte, tanto Fiordaliso era una bellezza del giorno. – Signor cavaliere,- disse il donnone, - ecco la vostra futura moglie!- Febo fece un sorriso di circostanza e guardò la povera fanciulla. Tutti potevano vedere che nessuno dei due era contento del matrimonio che ci sarebbe stato di li a poco. Il cavaliere non si sentiva per niente attratto da quella ragazza, lui amava la vita notturna, ed era conosciuto in tutti i bordelli di Parigi, desiderava per sé una donna focosa, non una ragazzina esile come quella! D’altro canto Fiordaliso avrebbe voluto un fidanzato più dolce e non un dongiovanni come il capitano… Tuttavia le due famiglie avevano stipulato un accordo di matrimonio senza chiedere nulla ai diretti interessati, com’era d’uso comune al tempo.
Intanto, in una stradina semi nascosta li vicino, Esmeralda recuperava le poche cose che portava con sé quando si esibiva. Ad un tratto una mano le strinse con forza il braccio e la ragazza si girò spaventata. – Perché hai smesso di ballare così presto?- Ruggì una voce a lei purtroppo conosciuta, - Non hai guadagnato abbastanza oggi!- Era Clopin, il capo degli zingari della Corte dei Miracoli, a detta di tutti un despota. – E’ arrivata la parata del Papa dei Folli, - balbettò la fanciulla, nessuno è rimasto a vedermi ballare!- - Bhe, allora lavorerai di più domani!- Detto ciò la trascinò violentemente verso la Corte.
Per la strada trovarono un uomo disteso a terra che chiedeva l’elemosina, era il poeta Gringoire, quasi morto di fame, si era staccato dalla parata per cercare un tozzo di pane da mettere sotto i denti.
Il poeta riconobbe la bella zingara che aveva stregato il suo cuore e decise di seguirla per capire dove vivesse.
Seguì i due nei vicoli della città, senza perderli mai d’occhio, finché arrivò nella piazza della Corte. – Dunque è qui che vive la mia Dea,- pensò il poeta – in questa miseria! Povera fanciulla!- Il poeta si sentiva in dovere di offrire una vita migliore a quella leggiadra creatura e se ne tornò sui suoi passi rimuginando su come fare per legarla a sé per sempre.

Dall’alto della cattedrale di Notre Dame il campanaro Quasimodo osservava la vita della città. Era solito salire sui tetti della cattedrale ogni giorno per osservare una ragazza gitana che da un paio di mesi ballava sul sagrato della chiesa. Guardare i suoi movimenti così leggeri e aggraziati gli faceva dimenticare la sua deformità. Egli era infatti un essere deforme, gobbo, zoppo e guercio, ma il suo terribile corpo racchiudeva un cuore gentile, solo che nessuno lo sapeva. Viveva nella cattedrale da quando era piccolo, poiché vi era stato abbandonato a causa della sua bruttezza, e i preti si occupavano di lui come dei padri amorosi e sensibili. Invano avevano cercato di spingerlo ad uscire dalla cattedrale per unirsi alla vita che regnava fuori dalla chiesa, egli era stato sempre risoluto a non mostrarsi agli altri, impaurito dalla sua stessa bruttezza.
Quel giorno però fu la vita ad andargli incontro…
La mattina dopo la festa dei folli, Esmeralda si era recata a danzare davanti alla grande cattedrale, ma il cielo si ingrigiva e dopo pochi minuti aveva cominciato a piovere. – Oggi nessuno si fermerà per vedermi ballare- pensava la zingara delusa – Cosa faccio ora?- Sconsolata alzò il capo verso il cielo e vide la chiesa che si ergeva fieramente davanti a lei. – E se entrassi in quella chiesa? Da molto tempo vi ballo davanti, ma non so come sia di dentro-  La ragazza sorrise e si avviò verso la porta aperta. Con circospezione varcò la soglia e si guardò attorno meravigliata dallo splendore delle vetrate e dai dipinti. Camminò lungo tutto il perimetro della chiesa, osservando ogni piccolo particolare, troppo indaffarata per accorgersi che qualcuno la seguiva.
Quasimodo aveva visto la ballerina entrare nella cattedrale e il suo cuore aveva tremato… forse avrebbe potuto conoscerla! Lei! La farfalla che volteggiava tra gli sguardi della folla!
Stava pensando se rivolgerle la parola o no, quando Esmeralda si voltò e lo vide, una ombra informe nell’ombra. – Chi siete?- chiese spaventata al campanaro. – Non abbiate paura, se avete timore di me, me ne andrò- rispose il povero ragazzo. Come aveva potuto credere che lei non avrebbe avuto paura di lui? Si diresse verso l’uscio che portava ai piani superiori della cattedrale. – No, aspetta!- La zingara lo aveva rincorso e per fermarlo gli aveva posato una mano sul braccio. Il povero gobbo aveva sentito il cuore sciogliersi a quel contatto. – No, non ho paura di voi, siete il campanaro solitario della chiesa, vero?- Quasimodo si voltò lentamente e annuì.- Perché ve ne state sempre da solo? Non avete amici?- - Nessun amico, se non le mie campane- Detto questo la sua faccia si illuminò di amore. – Povero ragazzo- pensò Esmeralda,- prova amore solo per delle campane che non hanno anima!- Scacciò quel pensiero e sorrise. – Io sono Esmeralda…- - Lo so, siete la zingara che balla e canta sul sagrato di Notre Dame- - Come fate a saperlo?- chiese sbigottita la ragazza. – Io so tutto quello che succede a Parigi, dall’alto della cattedrale domino la città! – Si fermò e la guardò con un fuoco di speranza negli occhi. – Volete vedere quello che nessun parigino ha mai visto?- Esmeralda lo guardò, non sapeva ancora se fidarsi o meno di quello strano personaggio che il buio della cattedrale aveva partorito, tuttavia.. – Si, mostratemi questa meraviglia!- Il gobbo le fece strada gioiosamente per le scale che portavano ai tetti della chiesa. Quando la gitana arrivò sul tetto e guardò giù un nuovo mondo le si parò davanti… com’era diversa la città vista dall’alto! Come tutto le sembrava piccolo e insignificante! Respirò quell’aria densa di meraviglia, chiuse gli occhi e si sentì la regina di Parigi. Quasimodo non staccò nemmeno per un secondo gli occhi da quella fanciulla, lei era così felice ora! E lo era grazie a lui! In quel momento si sentì il re di Parigi.
-Oh! Ha smesso di piovere!- La mestizia nella sua voce ricordò al gobbo chi era veramente. – Devo tornare sulla piazza a ballare…- Lo guardò con la tenerezza negli occhi, - Grazie per questo regalo!- - Non è nulla…- cominciò a dire Quasimodo, ma la zingara era già scesa dalle scale per tornare in piazza.
Il cuore del gobbo batteva a mille, ora aveva un’amica!

 

La zingara stava ballando ormai da un po’ tra la folla di curiosi, quando arrivò Febo in sella al suo destriero. – Ecco, questi zingari non fanno che portare scompiglio in città. Dovrei cacciarli tutti … o impiccarli!- Rise di terribile piacere al pensiero di vederli tutti alla forca, poi si avvicinò al gruppetto che osservava la zingara e li fece disperdere. – Via di qui, non c’è nulla da vedere! E’ solo una pagana che sostiene di poter prevedere il futuro! Vecchia strega, sei una donna da forca!- Solo allora si degnò di guardare la persona su cui si era focalizzata l’attenzione…- Voi!- Le parole morirono nella gola del capitano, che si arrestò di botto, scivolando giù da cavallo. – Che onore! Il Papa dei folli ha scacciato i miei clienti- disse la fanciulla ironica e seccata. Poi si voltò per andarsene, ma Febo la fermò. – Non siate scortese, non sapevo foste voi!- - Non lo sapevate, va bene, ma ora  come farò per rimediare il danaro che mi serve per vivere? – Non c’era traccia di perdono nella sua voce e il capitano si sentì forse per la prima volta mortificato. – Vi ripagherò tutto io!- Era sicuro che così avrebbe ottenuto la stima della bella zingara. Lei lo guardò e scoppiò a ridere – No, per carità, non voglio accettare nulla da voi. Cambierò piazza, forse avrò più fortuna- Febo cominciò a sentirsi offeso, chi era costei che non sembrava subire il suo fascino? Tutte le donne della città avrebbero venduto l’anima al diavolo pur di sentirsi rivolgere la parola da lui!
-No, voglio che voi accettiate!- - E io continuo a rifiutare!- Ora Esmeralda era seccata, voleva solo andarsene di li, quel soldato cominciava a farle paura. Si ricordò che pochi mesi prima altri tre soldati avevano cercato di rapirla, probabilmente erano fatti tutti della stessa pasta. Arretrò senza smettere di guardarlo e quando lui tentò di fermarla, lei, velocissima, estrasse un pugnale da sotto il vestito e minacciò di ferirlo. – State lontano, o vi pugnalerò- La sua voce era decisa e Febo capì che avrebbe potuto farlo davvero. – Va bene- disse ormai furente – Vi lascerò andare, ma se vi vedo ancora in questa piazza vi farò rinchiudere.- Detto questo montò in groppa al cavallo, gettò un ultima occhiata alla zingara e cavalcò via.
Esmeralda sospirò, si era fatta un nuovo nemico in città, uno tra i tanti ormai.
In quel momento si sentì osservata, si guardò intorno e vidi all’angolo della cattedrale una figura nera. – Potrebbe essere lui, il mio salvatore!- Ma in un battito di ciglia la figura era sparita. Lei corse a cercarlo tra la gente, il cuore le batteva e le guance erano in fiamme…. Lo cercava da tanto tempo, ma aveva sempre l’impressione che fosse  accanto a lei.
Ed era vero… ogni giorno Frollo seguiva la ragazza dal suo covo alla Corte dei Miracoli fino alla piazza dove danzava e non la perdeva di vista neppure per un attimo. Si sentiva legato a quella gitana, sentiva che era suo dovere proteggerla da tutti i pericoli di quella strana e spietata città.
Ogni giorno la ascoltava cantare e illuso credeva cantasse solo per lui, come quella sera, quando l’aveva strappata ai tre soldati. Ogni giorno osservava la sua gonna volare sui suoi fianchi, i suoi piedi pestavano velocemente il terreno, ma il prete sentiva i suoi passi torturargli il povero cuore. Quant’era cocente il fuoco che gli divorava l’anima da quando aveva conosciuto la bella Esmeralda!

 

Gringoire nel frattempo percorreva i viottoli di Parigi, cercando un modo per guadagnare qualche soldo.
Da un paio di giorni il freddo si era fatto più intenso ed il poeta era stanco di ripararsi nelle stalle insieme ai porci e alle galline, continuava a sperare di trovare qualche anima pia che gli commissionasse un’opera di filosofia o di retorica, d’altronde era la cosa che conoscesse meglio! Ripensava spesso al suo mecenate Frollo, lui si che era un autentico appassionato di filosofia! Avevano discusso molte volte insieme di questioni di filosofia morale, e si era sempre dimostrato un ottimo maestro. Sembrava fosse scappato dalla cattedrale, spaventato da una maledizione gettatagli da una vecchia zingara.
Il poeta sentì un brivido lungo le spalle ossute mentre riportava alla memoria la scena della maledizione. L’arcidiacono Frollo era sempre stato un fiero oppositore di tutto quello che sconvolgeva la tranquillità della città e quando era arrivata a Parigi una carovana di zingari cenciosi, aveva ordinato alle Guardie Reali di rendere loro la vita difficile, in modo da far anticipare la loro dipartita. Ma quello strano popolo possedeva un’unica cosa, la testardaggine, così vollero rimanere nonostante tutto in città. Un giorno, il prete stava passeggiando per l’Ile de la Citè insieme al poeta, stavano parlando di Gutenberg e dei libri blasfemi che venivano stampati dalle sue presse diaboliche, e la tranquillità di quella giornata di caldo soffocante venne turbata dagli schiamazzi di un gruppo di zingari che si esibivano come giocolieri.
Il prete, furente, irruppe tra i giocolieri, afferrò il braccio di uno degli zingari e lo strattonò verso il centro della strada. Il fato volle che proprio in quel momento arrivasse a tutta velocità una carrozza, i cavalli si erano imbizzarriti, e il cocchiere non riusciva a fermarli. Il povero zingaro si ritrovò sotto gli zoccoli degli animali spaventati e per lui non ci fu nulla da fare…
Dal gruppo di zingari si staccò una vecchia, che corse piangendo al fianco del cadavere. Vani erano i tentativi delle altre donne di staccarla dal corpo, ella si strappava i capelli e levava alte grida di dolore che impietrirono il cuore dell’arcidiacono. Ad un tratto la donna alzò il volto e due occhi infuocati d’odio si posarono sul prete. – Voi! Voi non avete mai amato! Che siate maledetto! Che il vostro cuore si riscaldi d’amore e che nessuno possa spegnere l’incendio che vi devasterà l’anima! Che passiate la vostra vita a cercare una donna disposta ad amare un uomo vecchio, brutto e per giunta prete!-  Giusto allora arrivò il capitano Chateaupers a disperdere gli zingari e a raccogliere il cadavere.
Frollo era sconvolto, le mani gli tremavano e la gola era secca, gettò un ultimo sguardo alla vecchia e scappò lontano… da allora non si era mai più visto. Molti raccontavano di aver visto uno spettro nero che gli assomigliava che vagabondava per la città, ma i più ormai erano convinti che si fosse gettato nella Senna per placare i suoi sensi di colpa.
-Povero arcidiacono, non doveva prendere così a cuore quello che disse la vecchia zingara, le maledizioni non esistono…- Così pensava Gringoire mentre cercava di che mangiare. – Era un così bravo maestro, è un peccato che sia mor…-  Il poeta inciampò su qualcosa e rovinò a terra. Si mise a sedere, massaggiandosi le anche angolose, non avevo un filo di grasso che lo proteggesse nelle cadute. – Ma su cosa sono inciamp….- Il giovane represse un urlo di paura… era caduto accanto al cadavere di un uomo, era troppo concentrato sulla storia del suo mecenate per accorgersi del corpo. Si strinse nella palandrana e terrorizzato si scostò dal cadavere.
Così facendo, la sua mano urtò qualcosa, la ritrasse subito, pensando a chissà che, ma al suo sguardo apparve solo un sacchettino di pelle.
-E questo cos’è? – La sua  curiosità prevalse sulla sua innata paura e raccolse l’oggetto. Il sacchetto era pieno di qualcosa che tintinnava, Gringoire vi infilò la mano ed estrasse una manciata di monete d’oro. Strabuzzò gli occhi, non aveva mai visto così tanto oro in tutta la sua vita, ed il sacchetto ne conteneva ancora…
-Dio ha avuto pietà di un povero poeta! Non posso crederci… tutto questo oro.. adesso.. è mio!- Si alzò e si esibì in una strana danza di gioia, poi prese una moneta e la fece brillare alla luce del pallido sole invernale.
Diede un’ultima occhiata al cadavere e la sua coscienza ebbe un repentino sussulto – Forse non dovrei tenermi l’oro di quest’uomo… ma ormai a lui non serve più, non gli dispiacerà se con la sua morte ha fatto felice un altro uomo!- Detto questo, corse via, prima che qualcuno potesse venire a reclamare il ricco bottino. – Con questo oro potrei sistemarmi, e chissà, forse allora la bella ballerina gitana potrebbe pure divenire la mia Musa!- Felice di quest’idea si diresse verso la Corte dei Miracoli, in cerca della sua amata Esmeralda.

 

Fiordaliso era triste. Si stava provando il vestito per le  nozze, sollecitata da sua madre che non smetteva di rimirarla e di elencare le meraviglie della vita coniugale. -–Vedrai, sarai felice. Tutte le donne di Parigi ti stanno invidiando, quel capitano è un ottimo partito-  La fanciulla annuiva senza ascoltare, il suo pensiero era rapito dall’immagine di un uomo che aveva visto tra la gente all’elezione del Papa dei Folli… vero, era uno straccione, ma sembrava essere così gentile d’animo! Aveva ascoltato una parte della sua rappresentazione, prima che la festa portasse via tutti gli spettatori.. quell’uomo era un poeta! 
La bella Fiordaliso pensava infatti al poeta Gringoire, lui era un gentiluomo d’animo, s’intendeva di filosofia, altro che la rudezza del capitano, lui non avrebbe mai potuto parlare d’amore come il poeta.
Ignaro di essere la fonte d’amore di qualcuno, il ragazzo si apprestava a varcare la soglia della Corte. Arrivò al centro della piazza e cercò con lo sguardo la bella gitana, ma lei stava ancora ballando chissà dove, così pensò di chiedere a qualcuno quando sarebbe tornata la sua dea. – Scusate- disse fermando un uomo barbuto dall’aspetto certamente non rassicurante, - Sapete quando tornerà la zingara Esmeralda?-  L’uomo lo squadrò da capo a piedi e dalla sua gola uscì una risata terrificante. Afferrò per il bavero il povero Gringoire e lo trascinò verso una locanda. – Clopin – ruggì il nerboruto, - c’è un tale che cerca la tua Esmeralda!-  Dalla porta della locanda uscì uno zingaro alto e imponente, la faccia rossa, sintomo di qualche boccale di vino di troppo. – Chi è questo omuncolo che cerca Esmeralda?- Urlò Clopin sbattendo a terra il poeta. Questi cominciava a pentirsi di essersi spinto fino a quel covo di manigoldi. – Sono il poeta Gringoire, mi interesso di poesia, filosofia, retorica…- - Poesia, filosofia, retorica…- Lo zingaro gli fece il verso causando l’ilarità generale degli avventori della locanda. – E che vorrebbe il signor poeta da una ballerina gitana? Le vorrebbe dedicare un sonetto?- Nuovo scroscio di risa. – No, in verità… vorrei chiederla in sposa- L’aria si raggelò, nessuno fiatava, Clopin si erse minaccioso davanti al poeta. – Esmeralda è mia!- tuonò, - nessuno può venire qui a chiedere qualcosa che è mio! Quest’uomo va impiccato! Subito!- Gringoire si sentì sollevare dal terreno da cento mani, ma ormai stentava a credere a quel che stava succedendo, forse stava solo sognando, almeno lo sperava. La folla di delinquenti lo portò al centro della piazza, dove capeggiava una forca rudimentale. Sembrava di trovarsi a una grande festa, le donne spingevano avanti i bambini perché vedessero meglio e gli uomini arrivavano con i boccali di birra. Il poeta era ormai allo stremo per la paura, quando si ricordò del sacchetto di pelle. – Fermatevi! Io posso pagare!- Clopin azzittì la folla – Che avete detto?- - Ho detto che posso pagare per avere la zingara- Gringoire infilò la mano sotto la palandrana e porse il sacchetto col denaro allo zingaro. Clopin lo guardò diffidente e fece cadere nella mano una pila di monete d’oro. Mormorii di sorpresa si levarono da ogni parte della piazza. Un avido sorriso si allargò sulla bocca del gitano – Si, e che vuoi che sia? Si poeta, Esmeralda è tua, una bocca in meno da sfamare per me-  Lo tirarono giù dalla forca e proprio in quel momento si fece largo tra la folla la zingara, incuriosita dal baccano che regnava in piazza. – Toh, ecco la tua sposa!- Esmeralda non capiva, la sposa di chi? Clopin la prese in braccio, e mentre lei cercava di divincolarsi, la lasciò cadere tra le braccia del poeta. – Ecco ragazza, questo è tuo marito e padrone, ora dovrai fare per lui tutto quello che hai fatto per me!- - Io non sono la moglie di nessuno- urlò la fanciulla prendendo a pugni il petto di Gringoire. Lo zingaro spinse a forza la coppia dentro la stanza di Esmeralda, chiuse l’uscio e lo bloccò in modo da non lasciarli uscire. – Godetevi la notte di nozze signor poeta!- rise Clopin, - La bella Esmeralda ormai vi appartiene, fatele ciò che volete-
Rimasti soli nella stanza, la fanciulla si staccò dal ragazzo e lo guardò furente – Chi siete? E perché Clopin vi ha chiamato mio marito?- - Non abbiate timore Esmeralda, io sono un uomo gentile e di buone maniere. Vi ho amata dal primo momento in cui ho posato i miei occhi su di voi, la dea Afrodite sarebbe nulla accanto a voi- - Ditemi chi siete!- urlò la zingara impaziente. – Sono il poeta Gringoire, mi interesso di filosofia, retorica, poesia…- - Come avete fatto a strapparmi da Clopin? Io gli appartenevo, lui non si stacca dalle cose che gli appartengono- - Vi ho…ehm.. comprata…- - Cosa?- Esmeralda si portò le mani al viso sconvolta. – Comprata! Come si compra il pane o una coperta…- Le lacrime cominciarono a scorrere sul suo bel viso. – Non dite così, l’ho fatto perché vi amo!- In un slancio di ardore si avvicinò alla ragazza, ma ella brandiva già il pugnale e lo minacciava silenziosa. – E sia! Se mi avete comprata sarò vostra! Ma se vi azzardate ad avvicinarvi troppo vi ucciderò! Moglie si, ma non amante!- Disse questo e sparì dietro un uscio, lasciando il poeta ai suoi pensieri. – Bene, ora lei è mia, ma mi odia, e non sarà mai mia sposa, cos’ho fatto per meritarmi il suo odio?- E sconsolato lasciò ricadere la testa in avanti, pensando a quanto crudele fosse il destino.

 

Il giorno dopo Esmeralda si alzò all’alba e sgattaiolò fuori dalla stanzetta senza disturbare il quieto sonno di Gringoire. Si addentrò nelle viette della città ancora addormentata e si diresse verso la chiesa di Notre Dame. I primi raggi di sole si riflettevano sulle lacrime che scendevano silenziosamente sul suo volto e sul mantello nero di una figura scarna che seguiva poco distante la fanciulla.
La cattedrale apparse imponente davanti ai due e Esmeralda si arrestò. Durante la notte si era ricordata del suo amico campanaro e aveva capito che forse era l’unica persona che avrebbe potuto capire il suo dolore. Entrò con circospezione nella chiesa ancora buia e sussurrò il suo nome, senza osare di alzare la voce con la paura che la scacciassero. – Sono qui – la voce del campanaro rispose da un antro nascosto. La ragazza riuscì ad intravedere il profilo mostruoso di Quasimodo e un brivido di repulsione le scosse le membra, ma lo scacciò subito, non voleva ferire forse l’unico amico che aveva in quell’odiosa città. – Avete pianto, perché?- Solo allora la fanciulla si rese conto di avere ancora le guance umide e salate e tentò di asciugarle con le dita intirizzite. – Venite – Le fece strada verso un grande braciere e il fuoco le riscaldò il corpo gelido. – Grazie – disse timidamente la zingara sorridendo. – Speravo di incontrarvi, io vorrei parlare con voi… ma forse non vorrete essere annoiato dalle mie chiacchiere…- - No, parlate se volete, se posso esservi d’aiuto…- Il viso di Esmeralda si illuminò di riconoscenza. Si sedettero sulle panche della chiesa e la ragazza sospirò – Vedete, io non sono che una zingara, sono sempre vissuta viaggiando di città in città, ballando e cantando per la gente, e sono sempre stata legata al capo della mia gente. Non potevo mai fare quello che desideravo senza chiedergli il permesso, non ho mai saputo cos’è la libertà. E ora sono stata venduta ad un uomo che si è invaghito di me, ma io non lo amo, non provo nulla per lui. Perché non posso vivere libera, senza dovere nulla a qualcuno?- La ragazza scoppiò a piangere e il cuore del campanaro si sciolse in lacrime mute… la cinse con un abbraccio fraterno e lasciò che si abbandonasse al suo petto continuando a singhiozzare. Stettero così allacciati per molto tempo, finché l’unico suono che si poteva udire fu quello dello scoppiettare del fuoco nel braciere.
Ad un tratto la porta si spalancò ed entrò un’ombra piangente. Il nuovo ospite della cattedrale non si rese conto della presenza degli altri due, si accasciò su una panca mentre i sussulti si impadronivano del suo corpo. Giunse le mani e alzò il volto alla statua della Madonna – Madre di Dio, perché non hai pietà di questa tua figlia? Perché dovrò vivere il resto della mia vita accanto a un uomo che non amo? Che la Morte mi venga a rapire ora, io non voglio vivere questa vita senza conoscere l’amore!-
Esmeralda e Quasimodo si guardarono stupefatti e commossi dal dolore di quella fanciulla. La zingara si alzò, le si avvicinò nel silenzio e le posò la mano sulla spalla. A quel contatto la ragazza sussultò impaurita e voltandosi le cadde il cappuccio che le copriva la testa. Occhi neri incontrarono occhi azzurri e la luce del fuoco illuminò i capelli d’oro della giovane. – Chi siete? Un fantasma? – La paura echeggiava nella sua voce. – No, sono una zingara che come voi soffre a causa dell’amore. Non è strano? L’amore dovrebbe portare felicità nei nostri cuori, eppure sono colmi di disperazione.-  Quasimodo si era nel frattempo avvicinato timorosamente alle due ragazze, e quando la nuova arrivata lo scorse si strinse nel mantello tremando con gli occhi socchiusi – Ecco, la mia preghiera è stata ascoltata, la morte è venuta a prendermi…- Esmeralda, stupita, guardò Quasimodo con aria interrogativa e poi capì – No, lui è Quasimodo, il campanaro della Cattedrale. E’ mio amico, non vi farà alcun male, credetemi!-  Il ragazzo sorrise rassegnato, la sua bruttezza era stata paragonata alla morte, ma ormai nulla poteva più ferirlo. – Si, non abbiate paura. Non è vero quello che raccontano di me, io non rapisco i bambini per mangiarli- Esmeralda era stupefatta, come si potevano dire cose simili? Lui che aveva un cuore così gentile e puro!
La ragazza riaprì gli occhi dubbiosa, ma il sorriso della zingara la rincuorò. – Io sono Fiordaliso, sono scappata da casa perché non sopportavo più l’idea di sposarmi col capitano Chateaupers…- La gitana rimase di sasso quando udì quel nome. Quella povera fanciulla doveva sposare quell’odioso capitano, ora comprendeva il suo dolore. – Che avete? Conoscete Febo? – Fiordaliso aveva notato lo strano comportamento della zingara e incuriosita voleva saperne il motivo. – Si, lo conosco… E’ stato eletto Papa dei Folli…tutti lo conoscono in città- Non voleva dare alla ragazza altri dispiaceri raccontandole come il capitano si fosse invaghito di lei. – Io non voglio sposarlo e non voglio tornare a casa. Dove posso nascondermi? Voi conoscete di certo ogni angolo della città, saprete trovare un nascondiglio per una povera disgraziata come me!- Esmeralda sentiva gli occhi supplicanti di Fiordaliso fissi su di sé. Stava pensando dove poterla nascondere… No, la Corte dei Miracoli non era un posto adatto a lei… - Potreste nascondervi qui, nella Cattedrale..- La voce di Quasimodo interruppe i pensieri della zingara – Qui c’è il diritto di asilo, nessuno potrà portarvi via- - E’ vero! – La gitana accarezzò il viso di Quasimodo con tenerezza, - Qui sarete al sicuro , potrete sistemarvi nella mia stanza, vi porterò io da mangiare. Vedrete, qui starete bene!- Fiordaliso sentì la gioia crescerle nel petto e con foga abbracciò la zingara e il campanaro. – Grazie! Come potrò mai sdebitarmi con voi? – Ora le sue erano lacrime di gioia.

 

Frollo aspettava pazientemente che Esmeralda uscisse dalla Cattedrale e intanto combatteva i ricordi che tentavano di soppraffarlo. Per quanto tempo era vissuto in quella chiesa, ne conosceva ogni pietra… Aveva cantato ogni giorno le lodi a quel Dio che ora sembrava essersi dimenticato di lui. – Io mi sono donato a te, ho riposto la mia vita nelle tue mani, ho rinunciato a tutte le gioie mondane, e tu mi hai lasciato!- La rabbia traboccava nel suo cuore, la sua anima era accecata dal dolore, che ormai era diventato il suo compagno di viaggio. Strinse i pugni per impedirsi di urlare contro quella divinità che restava insensibile alle sue preghiere,  non aveva più lacrime, la sua anima si era inaridita…
Eppure nell’oscurità in cui ormai  viveva era spuntato un tiepido raggio di sole da quando aveva incontrato la zingara. Un sorriso si allargò sulle sue labbra, - Esmeralda...- pronunciava il suo nome come un talismano che scacciava tutti i  pensieri dolorosi. Tutte le notti si svegliava mentre tentava nel sonno di abbracciarla e si riaddormentava ripensando al suo canto. Se chiudeva gli occhi vedeva la sua gonna che vorticava attorno al suo corpo e la prima cosa a cui pensava appena sveglio era il suo sorriso. Ripeteva a memoria ogni suo gesto e contava ogni suo respiro, era felice perché respirava la sua stessa aria. Una pesante catena al cuore lo inchiodava al suoi occhi neri e conosceva ogni più piccolo disegno del suo vestito. Passava le notti ad immaginare come sarebbe stata la sua vita insieme alla bella gitana, ma poi scacciava questi pensieri consapevole dell’impossibilità del loro avverarsi.
-Perché, perché, perché…- Una cantilena dolorosa scuoteva la sua mente, non avrebbe mai trovato le risposte alle sue più profonde domande. Questo era un amore maledetto…
Il suo flusso di pensieri fu interrotto dall’arrivo di una ragazza che piangeva disperata. – Anche quella disgraziata soffre per amore, quando si piange per amore si soffre dieci volte di più…- Si guardò le mani attentamente, - Gli zingari dicono che sanno leggere la vita nelle mani di un uomo, chissà se ci sono scritto anch’io nelle linee della mano di Esmeralda…No, devo andarmene lontano, non posso più vivere legato a lei, mi sto facendo solo del male!-
Il prete era diviso dal suo amore viscerale per la zingara e la consapevolezza di non poter essere riamato da lei. La maledizione pesava terribilmente sul suo capo, non poteva più sopportarla… la Senna! Li avrebbe potuto riposare in pace, le sue acque avrebbero lavato via tutta la sua disperazione!
Sì, si sarebbe lasciato cullare dalle sue onde, e mentre sprofondava nel suo abbraccio mortale, il fiume avrebbe strappato in mille pezzi i suoi incubi come una madre amorevole…
Ma ecco, gli tornò in mente il calore delle sue mani sulla sua… no, non avrebbe potuto lasciarla da sola, lei era diventata il sangue che gli scorreva nelle vene…
-Fiordaliso! La mia bambina è scomparsa! E’ stata rapita dai briganti! Aiuto!-
Le urla di una donna distolsero Frollo dai suoi amari pensieri, la vide correre sulla piazza mentre la gente, svegliata dalle sue urla, si riversava nella piazza. Disturbato dal chiasso e desideroso di non venire riconosciuto, il prete scivolò verso una strada secondaria.
Arrivò allora anche Febo, di ritorno dalla ronda notturna. – Signora di Gondelaurier, cos’è successo? Perché urlate tanto? Avete svegliato tutta Parigi!-
La vostra promessa sposa è sparita! Deve essere stata rapita da qualche malvivente. Oh, vi prego trovatela! La mia unica ragione di vita!- E la signora svenne tra le braccia del fabbro…
-Io ho visto qualcuno entrare nella cattedrale…- disse una vocina timidamente. – Sembrava fosse una donna…- Un bambino si fece avanti e Febo lo squadrò. – Ne sei sicuro?- - Si signor capitano…- - E allora andiamo a vedere!-
   Proprio allora uscì dalla cattedrale Esmeralda, ignara di quello che succedeva sulla piazza. Il capitano la riconobbe e capì che era il momento giusto per vendicarsi del suo rifiuto. – La zingara! Il rapimento di madamigella Fiordaliso è senz’altro opera sua!-  La povera fanciulla si accorse solo allora del capitano e tentò la fuga, ma Febo spinse il cavallo al galoppo e la raggiunse in pochi secondi. – Dove vuoi andare… ora vedremo cosa dirai al tuo carceriere!-

 

Gringoire si svegliò e per prima cosa cercò la zingara nella stanza per chiederle perdono, anche se tutto quello che aveva combinato lo aveva fatto in buona fede. Non la trovò in casa, così uscì in piazza per cercarla. Quando aprì la porta un brusio assordante lo colpì, tutta la malavita parigina sembrava in pena per qualcosa.
Il poeta si avvicinò ad una vecchia per capire qual era il motivo di tanto fermento. – Scusate signora, mi potreste dire perché c’è tutto questo chiasso stamani?- - Dovreste saperlo,- rispose la donna divertita – vostra moglie è stata catturata dai soldati e rinchiusa alla Santé-  - Mia moglie cosa?- Il poeta stupito si spinse fino alla locanda per cercare Clopin, lui avrebbe saputo spiegargli cos’era successo alla sua dea.
Entrò alla locanda e fu investito da una zaffata di odore di vino e birra, nella cortina di fumo che regnava nella stanza poté intravedere il capo degli zingari e vi si avvicinò. – Scusate signor Clopin, - si arrischiò a domandare Gringoire – mi hanno detto che Esmeralda è stata rinchiusa in prigione…- - Verissimo compare poeta! Certo non sapete trattare vostra moglie se vi è scappata così facilmente!- e scoppiò a ridere. – Ma perché è stata arrestata? Lei non è una criminale!- Protestò il poeta con veemenza – Non sarebbe capace di fare del male ad alcuno!- - Eh! L’hanno arrestata perché è zingara, ai soldati basta questo per buttarci in prigione.- A queste parole tutti assentirono maledicendo i soldati e le loro famiglie. Gringoire guardò sconsolato il capo degli zingari – Cosa faremo per tirarla fuori di li?- Clopin lo fissò e scosse la testa – Non si può fare niente, è il nostro destino. Prima o poi tutti finiamo sulla forca!- Si levò un coro di risate a sottolineare la barbarie di quegli uomini. Gringoire uscì furibondo dalla locanda deciso a salvare la bella zingara da solo.
Nel frattempo Frollo era tornato alla cattedrale e non sapeva ancora nulla dell’arresto di Esmeralda. Mentre si avvicinava alla chiesa udì una donna parlare dell’arresto di una zingara che aveva rapito una nobildonna. – Ma non lo sai mia cara? Questa mattina davanti a Notre Dame il capitano Chateaupers ha arrestato la zingara che ha rapito la sua promessa sposa…- - Non sarà per caso la zingara che balla e canta sul sagrato della chiesa ogni giorno?- - Si, mia cara! Lo sapevo io che quella era una maliarda!- Il cuore del prete smise di battere… la sua Esmeralda arrestata! Corse fino alla porta della cattedrale e vi entrò come una furia – Dov’è la gitana?- La sua voce riecheggiò in tutta la chiesa. Tutti si voltarono a guardare il pazzo che urlava sulla porta, sembrava un fantasma, ma i suoi occhi erano così vividi e pieni di furore che non poteva che essere vivo. – Ma quello è…- - Si, è l’arcidiacono Claudio Frollo!- - E’ ancora vivo!- Lo stupore serpeggiava tra gli animi dei preti e dei laici che si trovavano all’interno della cattedrale. – La gitana, intendete Esmeralda?- Il prete si voltò verso il punto da cui proveniva la voce e incontrò la faccia di Quasimodo. – Si, proprio lei!- Si ricordava del campanaro, era vissuto fin da piccolo con i preti della chiesa, ormai faceva parte della cattedrale stessa. – Venite!- Prima che potessero seguirli scomparvero per una porta segreta e percorsero le scale fino all’alloggio del campanaro. – Cosa è successo alla zingara? Parla dunque Quasimodo, raccontami!- - Lei stava uscendo dalla chiesa, e quel capitano delle guardie…- - Si Chateaupers!- - Lui l’ha arrestata!- - Ma perché? Ho sentito che dicevano che lei aveva rapito la fidanzata del capitano- - Si, madamigella Fiordaliso…ma lei non è stata rapita..- - Insomma spiegati!- il prete si erse furente sul campanaro. – No, non prendetevela con lui!- La voce di donna fece sussultare il prete. – Io non sono stata rapita, mi sono nascosta nella cattedrale per sfuggire al matrimonio con il capitano Chateaupers!-
-Allora Esmeralda non è colpevole?- - No, anzi… lei mi ha rincuorata. Povera cara, è stata arrestata ingiustamente!- - Allora dobbiamo chiarire tutto! Venite con me madamigella, dovete spiegare al vostro fidanzato come stanno in verità le cose!- - No, vi prego!- Fiordaliso cadde a terra supplicante – se uscirò di qui, dovrò sposarlo e io non voglio!- Le lacrime presero a scendere sul suo volto e il cuore del prete si intenerì. – Ma allora come faremo a liberarla? Lei non merita di stare in prigione, è più pura di un giglio!- - La libereremo noi!- disse il campanaro, - a qualsiasi costo!-

Esmeralda piangeva nella sua cella e si chiedeva quale fosse la sua colpa. – Solo perché nelle mie vene scorre sangue gitano io sono colpevole…- La cella era buia e stretta, da una finestrella posta troppo in alto per raggiungerla filtrava debole la luce del sole. La zingara se ne stava infreddolita in un cantuccio e cercava di riscaldarsi le mani strofinandole tra loro.
Dal corridoio della prigione le arrivavano le urla e i pianti delle altre sciagurate prigioniere e la paura di non poter più uscire di li la assaliva minuto dopo minuto, ma cercava di allontanarla cantando le canzoni della sua infanzia… la sua voce melodiosa raggiungeva le guardie che si fermavano ad ascoltarla mentre i loro cuori si riscaldavano. - Che fate lì impalati?- tuonò la voce di Febo, - dovreste essere di guardia, non ad ascoltare una donna che canta!- I soldati balbettarono le loro scuse e si defilarono, ora il capitano aveva la zingara tutta per sé…
La porta della cella si aprì cigolando sotto la mano del capitano e Esmeralda si ritrovò immersa in un mare di luce abbagliante che i suoi occhi non potevano sopportare. Nel bagliore intravide il profilo di un uomo, - Chi siete? Vi prego, non fatemi del male, io non ho colpa…- Impaurita si strinse le ginocchia al petto circondandole con le braccia. – Oh si… una colpa l’avete…- La zingara impallidì udendo la ben nota voce, -Mi avete rifiutato… non siete stata gentile visto che io offrivo il mio aiuto- - Io non volevo offendervi…- - Silenzio!- La ragazza tacque terrorizzata dal tono del capitano. – Non cercate di mentirmi, avete pure minacciato di uccidermi se mi fossi avvicinato a voi… se non devo offendermi cosa devo fare?- La gitana non sapeva cosa fare o dire per calmarlo, sentiva la rabbia che il suo corpo emanava nell’aria come se fosse stata una nebbia. – Ma un modo per farvi perdonare c’è in realtà…- Esmeralda alzò speranzosa il volto su di lui, ma quello che vide non le piacque. Nel suo sguardo poteva vedere vividamente la lussuria, i suoi occhi percorrevano animosi il suo corpo e il suo terrore crebbe ulteriormente. – Cosa devo fare?- si azzardò a chiedere con un filo di voce la zingara. – Mah, vedete voi, volete restare qui in eterno a consumarvi con i topi come compagni, o volete uscire e danzare ancora alla luce del sole?- - Uscire! Ballare ancora al sole e cantare per la gente! Essere libera di rivedere l’alba e il tramonto…- rispose con foga la poveretta in uno slancio di speranza. – Ebbene, così sarà…- - Ma cosa devo fare per uscire di qui?- Aveva paura di quell’uomo, non si fidava di lui e delle sue proposte. – Dovete solo condividere con me questo fuoco che mi brucia l’anima! Io vi amo fanciulla gitana! Amo i vostri occhi, amo la vostra voce, amo il vostro piede… Quando cantate, torturate il mio cuore, perché vorrebbe che cantaste solo per lui, e vorrebbe imprigionare il vostro sorriso in modo da guardarlo ogni minuto che passa lontano da voi...Non capite che ormai vivo solo per vedervi danzare? Straccio il mio nome di cavaliere e mi beffo del mio onore per voi!- Il soldato era caduto in ginocchio davanti alla zingara e con le mani giunte la supplicava. La ragazza non sapeva più che fare, non si aspettava una simile dichiarazione da quell’uomo. Restò muta a guardarlo e aspettò che continuasse. – Non dite nulla dunque? Sono così spregevole ai vostri occhi?- Febo guardò il fondo della cella e sembrò riflettere sul da farsi. Poi si slanciò verso la gitana che, impaurita emise un gemito strozzato, e le prese le mani tra le sue. – Vi prego, non avete udito quanto vi amo? Saremmo felici insieme, scapperemmo lontano, via da tutto e da tutti e ci ameremmo notte e dì…-  La zingara lasciò disgustata le mani del soldato e si ritrasse ancor di più. – No, io non vi amo! Non voglio trascorrere la mia vita con voi! Mi fate ribrezzo!- Il capitano la guardò stentando a credere alle sue parole e l’ira ricominciò a salire dentro di lui.- E così, mi rifiutate una seconda volta… bene, non vi chiederò più nulla zingara! Io vi offrivo la vita e avete scelto la morte… orbene, se  anelate così alla forca, allora ve la lascio volentieri!- Detto questo se ne andò sbattendo la porta dietro di lui, mentre Esmeralda tornava a piangere e a chiedersi il perché di quel suo doloroso destino.

 

Dopo tre giorni dalla visita del cavaliere alla cella della zingara, la porta si riaprì. La fanciulla raggiante e piena di vita che danzava per le strade incantando tutti con i suoi movimenti era sparita, al suo posto vi era una ragazza smagrita e tremante, con gli occhi enormi dalla paura e un pallore mortale. La poveretta aveva sentito giorno dopo giorno la vita che l’abbandonava, ormai niente la poteva trattenere in quella Terra che  non le procurava altro che dolore… Di notte sognava terre lontane, che aveva visitato nel suo esilio senza fine, sognava il sole che le bruciava la pelle e la luna che vegliava su di lei nel sonno, ma appena riapriva gli occhi la realtà le cadeva addosso in tutto il suo squallore. Forse la morte era il modo giusto per scappare dal suo dolore…
Quel giorno quando la porta si aprì, la zingara alzò il volto distrattamente e aspettò di sapere cos’altro le aveva riservato l’odioso Fato.
- Zingara! E’ giunta l’ora che tu muoia!- Un carceriere l’afferrò per un braccio e la strattonò perché si alzasse. Ella ubbidì senza emettere un solo suono, finalmente avrebbe abbandonato questo mondo infelice!
I soldati di guardia la guardarono impietositi, ricordavano la sua voce così dolce che aveva tenuto loro compagnia nelle notti che sembravano non avere fine. Mentre il carceriere e la condannata passavano tra di loro mormorarono parole di consolazione alla fanciulla, solo allora la zingara osò un pallido sorriso.
Fu scortata  fino ad un carretto che l’avrebbe portata al patibolo e, con le mani legate vi fu fatta salire. Il viaggio verso la morte fu quasi un sogno per la Esmeralda, le sembrava di essere in un incubo da cui sperava di svegliarsi al più presto, poi vide la forca che l’attendeva e solo allora capì che tutto quello che stava vivendo era reale. Tremò forte e sbarrò gli occhi mentre la folla che era accorsa a vedere la sua impiccagione fremeva di impazienza intorno a lei.
Ad occhi chiusi salì le scale verso la forca, sostenuta dal suo carceriere, e ad occhi chiusi si lasciò mettere il cappio al collo, ormai tutto stava per finire, tra pochi secondi sarebbe stata nuovamente felice…
Poi si sentì prendere in braccio e le sembrò di volare, schiuse gli occhi con timore e si trovò dinanzi alla faccia di Quasimodo, era un sogno? Intanto intorno la baraonda si fece via, via più forte, tutti urlavano e la cercavano, ma il campanaro era troppo veloce e seminava i soldati con facilità mischiandosi tra la moltitudine della folla.
Ad un certo punto si arrestò accanto a una figura incappucciata e posò la zingara a terra. – Esmeralda, visto che non ti abbiamo dimenticata?- Quasimodo sorrideva e il suo sorriso illuminava di dolcezza il suo volto mostruoso. L’altro tolse il cappuccio e il volto sorridente di Fiordaliso apparve alla ragazza che stentava a credere a quello che stava succedendo. – Presto, mettiti addosso questo mantello, così non ti riconosceranno!- La fanciulla prese il mantello che l’altra le offriva e lo indossò velocemente calandosi il cappuccio sul viso. Fiordaliso la prese per mano e si allontanarono verso la cattedrale, mentre il campanaro si allontanava nell’altro verso.
-Ma dove sono scappati? – La voce furiosa delle guardie si udiva sempre più vicino.
Da un angolo della strada comparve un uomo vestito di nero, appena i soldati gli furono vicini indicò la strada opposta a quella presa dalle due fanciulle – Li ho visti voltare in quella via, se fate presto le raggiungerete, non possono essere lontani.-
I soldati lo guardarono con una certa inquietudine e proseguirono secondo l’informazione.
Appena furono lontani Frollo sorrise e si incamminò anch’egli verso Notre Dame.

 

Appena Esmeralda e Fiordaliso arrivarono alla cattedrale, la zingara si sdraiò sul letto del campanaro e si lasciò andare a un sonno ristoratore mentre l’altra fanciulla la vegliava. – Come sta? – Fiordaliso sussultò alla voce del prete. Quando gli stava vicino aveva una strana sensazione, aveva timore di quell’uomo di cui si dicevano tante cose, era avvolto nel mistero e il suo sguardo nascondeva rabbia e disperazione… eppure sapeva che era buono, ma non riusciva a capire perché si interessasse così tanto alla zingara. Si scostò un poco, - Bene, appena siamo arrivate si è addormentata, dev’essere così sconvolta…- Il prete annuì e si chinò a fianco del letto. Restò fermo ad osservarla, - Anche mentre dorme lascia acceso il sole che ha dentro di sé – Le accarezzò i capelli e a quel contatto la fanciulla sorrise nel sonno. – Sorride, si sente al sicuro ora!- - Si, è questa cattedrale che fa quest’effetto, qui ci si sente a casa…- - Si, questa chiesa è stata per tanto tempo la mia casa…- Lasciò cadere il discorso mentre la fanciulla si avvicinava incuriosita. – Ma non parliamo di cose ormai dimenticate tra le ragnatele della memoria, ora siamo qui e la cosa più importante è che questa ragazza sia salva.- - Vero! Esmeralda è salva, ora penseremo noi a lei!- I due si voltarono e videro sulla soglia della stanza Quasimodo. – Sono riuscito a scappare dai soldati facilmente, io conosco ogni scorciatoia di questa città!- Si avvicinò anche lui al letto dove riposava la fanciulla e la guardò sorridendo. – Bene, la lascio insieme a voi, io non riesco a restare qui dentro, devo andare via, questa non è più casa mia.- I due sentirono l’amarezza nella sua voce e si guardarono interrogativamente. Un secondo dopo il prete era scomparso.
Uscì velocemente dalla cattedrale e si avviò nel cuore di Parigi seguendo la direzione del vento. Camminava a testa bassa, pensando alla zingara che dormiva tranquilla al sicuro, sentiva il suo cuore più leggero e la sua anima era più serena.
Camminava distrattamente immerso nei suoi pensieri, così non si accorse dell’uomo che lo seguiva. Ad un tratto si sentì prendere per un braccio e si voltò di scatto. – Ma allora è vero! Siete veramente voi arcidiacono!- Frollo osservò il suo interlocutore e gli sovvenne l’immagine di un suo discepolo, un poeta…- Pierre Gringoire, siete voi!- - Si, ma cosa vi è successo? Siete sparito così, non vi siete più fatto vedere, tutti pensavano che foste morto!- - Sono voluto andarmene, avevo le tenebre nel cuore, non aveva senso restare..- - Avete ragione! Fa bene cambiare ogni tanto…- - Vi vedo triste caro poeta, che vi succede? - - Succede che ho perso mia moglie… l’unica donna che io possa amare, il mio angelo, la mia musa…- - Vostra moglie? Allora vi siete sposato…ma cosa le è successo?- Gringoire lo guardò con gli occhi umidi di lacrime e tirò su col naso. – Ho sposato la zingara che balla e canta sulle piazze della città, la conoscete?- Il prete tremò e muto annuì. – Ebbene, l’hanno arrestata e oggi avrebbe dovuto essere impiccata, ma l’ha rapita uno strano essere, tutti pensano che il demonio sia venuto a salvare la sua strega…- Nella mente del prete si susseguivano innumerevoli pensieri, quindi Esmeralda era sposata! Non poteva che essere così, lei era così bella, come poteva non amare ed essere amata? Sconsolato lasciò cadere la testa in avanti e sospirò. Il poeta lo guardò sorpreso e si avvicinò temendo che il suo maestro stesse male. – Vostra moglie è salva, non era il demonio, era Quasimodo, il campanaro di Notre Dame. Vi porterò da vostra moglie, seguitemi.- Non poteva fare altro che riconsegnarla al legittimo marito…
Si incamminarono insieme silenziosamente verso la chiesa, uno era raggiante e colmo di felicità per la notizia mentre l’altro moriva lentamente dentro…
Arrivati alla cattedrale, il prete lo guidò verso la stanza del campanaro. Il poeta entrò e appena vide la zingara sdraiata sul letto si slanciò verso di lei per abbracciarla, ma si fermò di botto quando vide Fiordaliso. La fanciulla riconobbe il poeta, l’uomo che le aveva rapito il cuore… si fissarono a lungo nel silenzio della stanza. – Ma chi siete bella creatura?- Il poeta fu il primo a rompere quel silenzio pesante, già follemente innamorato della fanciulla. – Fiordaliso…- - Il vostro nome vi sta bene, siete bella come un fiore, un fiore delicato che io voglio curare per tutta la mia vita!- - Oh si! Prendetevi cura di me! Ve ne prego! Vi aspetto da tempo ormai!- Si abbracciarono, tra gli sguardi attoniti del prete e del campanaro. -  Ma Esmeralda? E’ vostra moglie!- Frollo interruppe seccamente i discorsi dei due innamorati. – Non siamo veramente sposati, in realtà l’ho comprata dal capo degli zingari della Corte dei Miracoli, solo ora capisco che in realtà io amo un’altra, lei non faceva per me!-  Il prete sentì che la coltre di tristezza che gli copriva il cuore era stata spazzata via da quelle parole.
Proprio allora la zingara si svegliò disturbata dalle voci e osservò tutti i presenti. Sorrise a Quasimodo  e a Fiordaliso, quando vide il prete restò a bocca aperta e senza parole, ma quando vide Gringoire il suo volto cambiò espressione, - Che fate qui? Io non sono vostra moglie! Non voglio vivere con voi, non vi posso amare…- - No, non preoccupatevi Esmeralda! Io ho scoperto che amo Fiordaliso!- La gitana guardò i due sorpresa, e poi scoppiò a ridere.

 

-Come avete potuto farvi sfuggire quella zingara? Voglio che la ritroviate subito!- Il capitano Febo de Chateaupers era furente con i suoi soldati, aveva atteso con impazienza il momento dell’impiccagione di Esmeralda, aveva sorriso freddamente quando l’aveva vista salire sul patibolo, la sua vendetta stava compiendosi…
- Ma è stato il demonio a liberarla capitano! Non si può andare contro il volere del diavolo!- I soldati erano terrorizzati al pensiero di incorrere nella vendetta del Maligno. -–Ma che demonio! Quello era il campanaro gobbo della cattedrale di Notre Dame! Possibile che non l’abbiate riconosciuto? Siete degli incompetenti! Come posso fidarmi di voi? – Febo camminava nervosamente su e giù per la piazza e rifletteva su quanto era avvenuto. – Probabilmente la zingara ora si trova all’interno della cattedrale, ma come farla uscire? All’interno di quella chiesa vige il diritto di asilo..- I soldati non capivano perché il loro capitano odiasse così tanto quella fanciulla, l’avevano sempre vista danzare e cantare sulle piazze di Parigi, non aveva mai rubato o fatto altro di illegale. – Ecco! Tutti gli zingari sono attaccati alla loro gente, basterà spazzare via tutta la Corte dei Miracoli e lei sicuramente accorrerà dalla sua famiglia di straccioni e ladri…- Una risata gelida riecheggiò nella piazza lasciando i soldati sgomenti.
Intanto nella cattedrale Esmeralda, dopo essersi rifocillata, restata sola con Frollo, parlava della sua permanenza in prigione. – Ma perché siete stata arrestata? - - Non lo so caro amico, ma credo…- Al solo pensiero della proposta del capitano la fanciulla tremò e si strinse la coperta addosso. – Credete cosa? – Il prete le si avvicinò e le prese una mano tra le sue, come aveva fatto lei al loro primo incontro. Lei lo guardò riconoscente e, sospirando, continuò, - Credo che il capitano della Guardie volesse ricattarmi.- - Chateaupers? E cosa voleva da voi? - - Lui voleva… voleva che io diventassi la sua amante, ma io ho rifiutato…- Il ricordo di quell’incontro così pauroso le rese di nuovo triste e taciturna, il prete sentì la rabbia che lo accecava e la soffocò per non spaventare la fanciulla. – Non preoccupatevi, ora siete tra amici, non potrà succedervi niente di male!- La zingara lo abbracciò e restarono a lungo così confortandosi a vicenda.
Dopo un paio d’ore Quasimodo irruppe nella stanza cercando con lo sguardo Esmeralda. – Chateaupers, il capitano sta rastrellando la Corte dei Miracoli arrestando tutti gli zingari che trova al suo interno!- La fanciulla lo guardò incredula. – Come? Non può essere! Si sta vendicando su li loro! E io sono la causa di tutto questo!- Scoppiò a piangere, la sua gente probabilmente sarebbe stata uccisa solo perché lei era viva… non aveva senso quello che stava succedendo!
Poi alzò il volto verso i suoi amici smettendo di piangere, mentre la sua fierezza e la combattività le tornavano, - Dobbiamo fare qualcosa, non posso restare in disparte mentre la mia gente viene uccisa!- - Ma ragiona Esmeralda! Non possiamo fare nulla contro i soldati e il capitano!- Il campanaro cercava di dissuadere la zingara dai suoi propositi, ma ella si slanciò giù per le scale uscendo dalla cattedrale verso la Corte dei Miracoli e agli altri due non restò che seguirla.
Nel frattempo gli zingari cercavano di sfuggire ai soldati, incapaci di trovare un valido motivo per quello che stava loro succedendo. Clopin incitava i suoi uomini perché si ribellassero ai soldati, ma tutti erano troppo impauriti per ascoltarlo. – Forza! Tutti addosso ai soldati! Noi siamo migliori di loro! Siamo più forti! In tutti questi anni hanno sempre cercato di sterminarci eppure noi siamo sempre qui! Siamo noi i più forti!- Dicendo così si era arrampicato su un mucchio di barili di vino che si trovava davanti alla locanda, e si sbracciava per incitare i suoi fratelli zingari. – Abbattete quello straccione! – Il capitano infastidito indicò il capo degli zingari ad un arciere. La freccia fu troppo veloce e Clopin morì senza nemmeno accorgersene.

 

Esmeralda correva per le strade di Parigi, impaziente di rivedere la sua gente, anche se non sapeva cosa avrebbe fatto per salvarli dalla pazzia del capitano. Dietro di lei arrancavano Frollo e Quasimodo, il loro solo pensiero era quello di proteggere la zingara. Tutti e tre si bloccarono quando udirono da lontano gli echi della folle azione di Febo, si udivano grida e lamenti di uomini, donne e bambini, ai tre si gelò il sangue nelle vene. La fanciulla tremò pensando a tutte le altre ragazze zingare con cui aveva giocato da bambina, tutte la sue amiche d’infanzia forse stavano morendo sotto i colpi dei soldati… e poi i bambini, quante volte li aveva rialzati da terra quando cadevano asciugando le loro lacrime… non poteva permettere che per colpa sua tutte quelle persone morissero. Strinse i pugni e ricominciò a correre, mentre il prete e il campanaro la seguivano affannati.
In prossimità della Corte scorsero i primi soldati, ridevano trascinando dietro di loro file di zingari con le mani legate, probabilmente diretti alla prigione più vicina.
La gitana ebbe un moto di rabbia e stava per lanciarsi contro i soldati, ma gli altri due riuscirono a fermarla prima che compisse quel gesto ingenuo. – Esmeralda, non puoi fare niente… sei da sola e loro hanno pure le armi, sarebbe una sciocchezza, pensaci bene!- Quasimodo cercava di calmarla, mentre il prete la teneva tra le braccia per impedirle di scappare. – Lasciatemi! Se siete miei amici capirete che devo fare qualcosa...- - Si, lo capiamo, ma non possiamo lasciarvi fare una cosa simile, sarebbe un suicidio!- La zingara sconsolata smise di lottare e sospirò. -–E' meglio  che ci spostiamo in un luogo appartato prima che ci vedano…- - Guardate! E’ la zingara che ci è scappata dalla forca! Presto, chiamate il capitano, sarà ben contento di rivederla!-
La zingara, terrorizzata al solo pensiero di rivedere il capitano, si aggrappò al collo di Quasimodo e il campanaro la strinse a sé per proteggerla. – Di qua, scappiamo per questa strada…- Frollo indicò una stradina nascosta tra le mura di due palazzi e la imboccò velocemente seguito dal campanaro che aveva preso in braccio la fanciulla.
- Veloci! Stanno scappando! Se ce li lasciamo sfuggire un’altra volta Cheteaupers ci fa impiccare al posto loro!- I soldati cominciarono a seguirli, ma da dietro di loro spuntò il capitano. – No, lasciate che li segua io, voglio avere l’onore di mettere per primo le mani su di loro.- E tra sé pensò – Voglio proprio vedere se ora mi si negherà ancora, visto che nelle mie mani ho le vite di tutta la sua gente, sarà costretta ad accontentarmi!- Sorrise e rincorse i tre fuggitivi per la strada nascosta.
Intanto nella cattedrale Fiordaliso e Gringoire discorrevano amabilmente, giurandosi amore eterno. – Come vorrei sposarti ora, qui… sarei la migliore sposa, la tua fedele amica per sempre!- - Si, e io ti dedicherei i versi più belli per tutta la mia vita, vorrei averti sempre al mio fianco, non ti lascerai mai da sola…- - Ma la mia famiglia non accetterà mai che io ti sposi, ero promessa al capitano Chateaupers, eppure io non l’amavo e lui non amava me… perché sposarci visto che nessuno dei due ne sarebbe contento?- - Allora scapperemo lontano da tutti, vivremo felici insieme, non avremo bisogno di niente se non del nostro amore…- - Si…allora scappiamo insieme… ora!-
Fiordaliso lo abbracciò felice e gli prese le mani. – Avvertiamo i nostri amici allora! Rendiamoli partecipi della nostra decisione, saranno felici per noi!- Detto questo si recarono nella stanza del campanaro, certi di trovarvi gli altri, ma quando arrivarono furono sorpresi di non trovarvi nessuno. – Dove saranno andati? Esmeralda non può uscire dalla cattedrale, altrimenti se viene riconosciuta la arresteranno di nuovo!- La fanciulla cominciò a preoccuparsi e si voltò verso il poeta. – Forse è meglio che andiamo a cercarli…-

 

Parigi silenziosamente osservava la fuga del terzetto tra le sue strade, mentre il capitano li seguiva orgoglioso della sua trovata, come aveva immaginato la zingara era caduta nella sua trappola. Seguiva i fuggitivi velocemente, non vedeva l’ora di porre di nuovo la proposta alla fanciulla, sicuramente avrebbe accettato, non si sarebbe mai macchiata delle morti della sua gente. Assaporava il dolce sapore della vendetta, sarebbe stata la sua schiava, avrebbe soddisfatto tutti i suoi desideri… ormai il ricordo di Fiordaliso era scomparso dalla sua mente, come poteva essere paragonata alla zingara? La purezza e la sottomissione contro la sfrontatezza e la vivacità… la gitana somigliava a tutte le donne che aveva conosciuto nei bordelli durante le sue spedizioni notturne, le donne che sapevano accendere il suo desiderio..
Fiordaliso non avrebbe mai potuto competere con loro.
Intanto i tre continuavano a cercare un riparo per sfuggire al capitano, ma la città sembrava non potere offrire loro nulla, la disperazione cominciava ad appropriarsi delle loro menti, se si fossero fermati chissà che sorte li avrebbe aspettati.
- Cosa fare? Il capitano è già vicino!- Quasimodo preoccupato stringeva ancora più forte la fanciulla tra le braccia. – Continuiamo a correre, forse Dio ci aiuterà…- Frollo cominciò ad innalzare silenziosamente una preghiera a Dio, da molto tempo non lo pregava, lo aveva abbandonato? Li avrebbe aiutati? Almeno la fanciulla, lui avrebbe donato volentieri la sua vita per lei, una, due, dieci, cento volte...  Esmeralda rannicchiata tra le braccia del campanaro pensava a quanto affanno aveva causato alle vite dei suoi amici, per colpa sua stavano rischiando la vita, sembrava che la sfortuna perseguitasse tutte le persone che le stavano vicine, tutte le persone che lei amava…
-Fermatevi!- Sorpresi, Quasimodo e il prete si arrestarono e la guardarono meravigliati. – E’ me che vuole, voi andate via… lui vi ucciderebbe, è meglio che scappiate - - Esmeralda, cosa stai dicendo?- Il campanaro la posò per terra e le prese le mani. – Non possiamo abbandonarti al capitano, ti ucciderebbe!- - No, caro amico mio, non mi ucciderebbe, mi vuole viva…se io acconsentirò ad essere la sua amante tutti gli zingari saranno liberati, e tutto sarà come prima…- - No, non tutto, voi non sareste quella di prima, perdereste tutto… non è giusto!- Frollo, disperato, cercava di estirpare dalla mente di Esmeralda l’idea di concedersi al capitano.
-No, è giusto così, è il mio destino, devo solo accettarlo, anche se questo significherà che non conoscerò mai la felicità… forse col tempo imparerò a sopportare tutto questo…- - Certo! E credimi, sarai felice con me, dove potresti trovare un uomo come me? Non certo in un mostro come quel gobbo o in un vecchio che sembra un fantasma come il suo compare…- Febo avanzava verso di loro, aveva ascoltato i loro discorsi e si sentiva ormai vincitore. – Giuro che tutti gli zingari che sono stati arrestati alla Corte dei Miracoli saranno liberati appena mi dirai che sarai la mia donna. Vedrai, avrai tutto quello che vorrai, vestiti, gioielli, servitori… sarai l’amante più ricca di Parigi! Un giorno mi ringrazierai per tutto quello che ho fatto per te!- - No, Esmeralda! Non accettare! Tu puoi avere di più dalla vita, non sprecarla con quest’uomo!- Quasimodo supplicava in ginocchio la fanciulla, trattenendole le mani.
- Come osi intrometterti nei nostri discorsi? Chi sei tu gobbo per ostacolare i miei propositi?- Il capitano furente estrasse il pugnale e si scagliò sul gobbo. La zingara velocemente si parò davanti al campanaro e ricevette il colpo al posto suo.
- Maledizione!- Il capitano indietreggiò portandosi le mani tra i capelli. Frollo impallidì e corse a sorreggere la fanciulla. – Esmeralda, no…- La gitana lo guardò e sorrise mentre la macchia di sangue si allargava sul vestito, - Frollo, prima di andarmene vorrei che rispondeste alla mia domanda..- - Tutto quello che volete..- - Vorrei sapere perché avete fatto tutto questo per me… perché mi siete stato sempre vicino…- - Esmeralda… l’ho fatto perché vi amo!- La fanciulla gli sorrise, - Grazie, ora so che non ho vissuto inutilmente, sono stata amata… questo è il più grande tesoro che esista al mondo… grazie amico mio, vi ho amato come un fratello, non scordatevi mai di me…- Le lacrime del prete bagnavano il viso della zingara che invece sorrideva. Ormai era troppo stanca per parlare, gli occhi le si stavano chiudendo.- Addio, forse ci ritroveremo dopo la morte, forse li saremo felici insieme per l’eternità…- Il prete si chinò e baciò le labbra della fanciulla mentre stava esalando l’ultimo respiro. – Quasimodo, te l’affido…- Frollo si alzò e guardò rabbiosamente Febo. Raccolse il pugnale da terra e si avventò contro di lui. In silenzio il pugnale calò sul capitano, e in silenzio il capitano cadde a terra morente…
Proprio allora giunsero Fiordaliso e Gringoire, che videro il corpo esanime di Esmeralda tra le braccia di Quasimodo, e poco più in là il prete davanti al cadavere del capitano. La fanciulla cominciò a piangere tra le braccia del poeta mentre Frollo si incamminava verso il centro di Parigi.

EPILOGO

Quasimodo, Gringoire e Fiordaliso portarono il cadavere della zingara nella Cattedrale e lo vegliarono tutta la notte, pregando che Dio vegliasse sulla vita del prete, ormai scomparso tra le tenebre della notte.
Passarono i giorni, lenti e pesanti, e del prete non si trovava traccia, ma dopo una settimana Quasimodo trovò davanti alla porta della chiesa un biglietto, incuriosito lo aprì… al suo sguardo apparvero parole scritte col sangue di un uomo innamorato, era l’ultimo addio di Frollo alla sua Esmeralda…

Una rosa che si disseta dei raggi del sole,
un fringuello che canta un’ode alla vita,
anima di fragile cristallo,
la tua morte pesa sui nostri cuori
gonfi di nero dolore,
ma il tuo canto continuerà
a risuonare nell’eco dei nostri passi
tra le strade di questa indifferente città.

Lo stesso giorno fu ritrovato un mantello nero stracciato e sporco di sangue sulle rive della Senna, nessuna sapeva chi fosse il malaugurato suicida, solo tre cuori innalzarono le loro preghiere a Dio per accompagnare il viaggio di quell’anima alla ricerca del suo grande amore…

 

CHIARA V.