Era il 6 Gennaio 1482. Torna a Racconti
Il popolo di Parigi si era svegliato al suono delle campane della Cattedrale.
La città s’apprestava a festeggiare «Le jour des Rois» (Epifania)
e la Festa dei Folli, festa molto attesa per l’eccentrica elezione
del papa dei folli. Il vincitore? Certamente il più bello e più affascinante;
colui che avrebbe conquistato la folla col sorriso più dolce,
la voce più suadente ed il gesto più elegante.
Alle dieci della mattina la rassegna cominciò: le ragazze più carine
ed i ragazzi più affascinanti di Parigi si avvicendarono sul sagrato
della Cattedrale per esibirsi.
Anche Febo de Chateaupers, capitano degli arcieri del Re, partecipò alla
manifestazione. I suoi occhi color del cielo, la sua voce accattivante,
i suoi modi non certo aristocratici, ma molto decisi e virili conquistarono
la folla e fu subito eletto papa dei folli e portato in trionfo tra grida
osannanti e fuochi di gioia accesi in diversi luoghi della città.
Il poeta Gringoire, deluso poiché la manifestazione aveva distolto
l’attenzione della gente dalla rappresentazione teatrale che aveva
preparato per l’occasione, era molto giù di morale. Era
affamato e il freddo intenso gli intorpidiva le membra. Non poteva rientrare
nel suo misero alloggio perché non avrebbe potuto pagare il padrone
a causa del clamoroso insuccesso della sua rappresentazione.
Decise perciò di cercare fortuna altrove.
Se ne andò sconsolato per i vicoli di Parigi, triste e stanco
quando scorse in lontananza un fuoco di gioia acceso per illuminare lo
spettacolo di una meravigliosa creatura che danzava divinamente al suono
del suo tamburello, accompagnando il ritmo con movimenti sinuosi e molto
sensuali che attraevano le attenzioni degli uomini, ma anche l’ammirazione
di tutte le donne presenti.
Gringoire non perse un solo movimento della splendida Esmeralda. La danza
era sempre più frenetica e il poeta se ne innamorò, ma
non fu l’unico. Se fosse stato solo un po’ più attento
si sarebbe accorto che dall’altra parte della strada era nascosta,
aiutata dall’ombra della notte, un’altra figura. Essa era
di alcuni centimetri più alta di lui ed indossava un mantello
nero, logoro e consunto dal tempo che ricadeva senza forma sul corpo
asciutto del viandante.
Ad uno sguardo più attento il poeta si sarebbe accorto che quella
figura apparteneva al suo vecchio mecenate Frollo caduto in disgrazia,
si diceva, per colpa di una vecchia zingara che, per vendetta, l’aveva
maledetto e costretto ad abbandonare la sua cattedrale, i suoi libri
e a vagabondare per il mondo in cerca di un cuore da amare e dal quale
ricevere amore.
Era stato uno strano incontro quello tra Esmeralda e il buon vecchio
Frollo. Erano passati alcuni mesi da quando il prete l’aveva salvata
dalle grinfie di alcuni giovani soldati che, brilli, avevano cercato di rapirla…
In quel momento stava camminando solitario tra le stradine di Parigi,
rimuginando sulla sua sorte, quando aveva udito le grida disperate della
povera zingara. Era accorso in suo aiuto, ma quando vide i tre soldati
si fermò di botto, cosa avrebbe potuto fare un uomo solo, e per
giunta scheletrico, contro tre ragazzi prestanti come loro? Ma il fato
venne in suo aiuto… quei tre si trovarono davanti ad una figura
emaciata e scura più della notte e credendola un fantasma, scapparono
a gambe levate. Esmeralda ebbe la stessa sensazione e stremata dalla
paura, cadde al suolo, con i vestiti strappati a causa dell’aggressione.
Per pietà- disse giungendo le mani, - Non fatemi del male spirito
della notte!-
Frollo si chinò verso di lei, e la ragazza si ritrasse spaventata
e tremante. Il prete fece scivolare il suo mantello sulle spalle della
giovane e si rivelò essere un uomo, non un’apparizione demoniaca.
Esmeralda si strinse nel mantello nero, guardò il suo salvatore
e accennò ad un timido sorriso. –Siete un uomo!- Il sollievo
espresso da quelle parole giunse alle orecchie del prete, che le sorrise
a sua volta. – Si bambina mia, certo che lo sono!- Poi si guardò intorno
e le tese una mano per aiutarla a rialzarsi. – Che fate in giro
a quest’ora della notte? Questa zona di Parigi è pericolosa
per una ragazzina come voi! Qui vivono i peggiori malviventi, assassini,
ladri, zingari…- Esmeralda si ritrasse indignata, come poteva
costui paragonare gli zingari ai malviventi? Non era lei pure una zingara? – Signore,
non posso accettare aiuto da qualcuno che mi crede una donnaccia, io
sono gitana!- disse la fanciulla gettando ai piedi del prete il mantello.
Frollo vide la ragazza brillare di fierezza e si rese conto solo in quel
momento della bellezza della giovane zingara. – Perdonami! Dico
così perché gli zingari mi hanno fatto solo del male…-
A quel punto non riuscì a continuare, emise solo un gemito strozzato
e si accasciò a terra… gli era tornata in mente la maledizione
della vecchia zingara.
Esmeralda si scostò, un poco impaurita dalla reazione di quell’uomo,
ma la sua curiosità e il suo buon cuore ebbero la meglio e si
sedette accanto a lui. – Cosa vi hanno fatto di male gli zingari?-
Frollo alzò il viso bagnato di lacrime verso la giovane e fissò incantato
i suoi occhi neri come carboni ardenti. –Non è una bella
storia, perdonatemi per ciò che ho detto, se voi siete zingara
allora devono esistere degli angeli anche tra loro!- Esmeralda gli prese
la mano tra le sue e cominciò a cantare una nenia in una lingua
sconosciuta. La sua voce era così dolce che il prete chiuse gli
occhi e si trovò a viaggiare sulle note di quella canzone verso
mondi lontani e felici… Ad un tratto Esmeralda si ricordò dei
suoi vestiti strappati, e in uno slancio di pudore si staccò da
Frollo e si richiuse nel mantello offertogli dal prete.
-Ma voi chi siete?- domandò la ragazza, una leggera paura si era
impossessata di lei, si trovava con i vestiti in brandelli, di notte
con un uomo che non conosceva…- Mi chiamo Claudio Frollo… sono
alla ricerca di… qualcosa- - E la cercate di notte?- La titubanza
dell’uomo le aveva fatto capire che non era pericoloso. – La
cerco sempre e ovunque!- - Deve essere una cosa preziosa se la cercate
con tanto affanno!- - Si, molto preziosa e molto rara! Ma ora dovete
tornare a casa, guardate in che condizioni siete!- - Avete ragione, ma
vi prego, accompagnatemi voi, mi sento sicura al vostro fianco!- Frollo
era restio alla proposta della gitana, probabilmente viveva con altri
zingari, e questo lo spaventava, ma d’altra parte non voleva lasciarla
sola, e poi si sentiva attratto da lei….no! non doveva neppure
pensare che forse lei avrebbe potuto infrangere la maledizione! Era una
zingara!
- Allora?- La sua voce lo scosse dai suoi pensieri. – Si, vi accompagnerò-
Esmeralda batté le mani entusiasta e si avviò verso l’oscurità della
notte.
Camminarono tranquilli, parlando degli avvenimenti di quegli ultimi giorni
e di mille altre cose finché non arrivarono in una piazza nascosta
tra palazzoni cadenti e diroccati. – Questa è la mia casa,
la Corte dei Miracoli!- disse la giovane zingara spiegando il braccio.
Frollo abbracciò con uno sguardo tutta la piazza e vide tutta
la miseria che vi regnava sovrana. Bambini mezzi nudi correvano al centro
della piazza, donne in abiti succinti ridevano a fianco di uomini che
probabilmente non conoscevano il significato della parola Innocenza…
-Venite!- Esmeralda trascinò il prete verso una porta e lo fece
entrare con lei. Si ritrovarono in una stanzetta spoglia, ma tuttavia
ordinata, la giovane accese un lume e si voltò verso di lui. – Volete
mangiare qualcosa finché io mi vesto?- Frollo fece cenno di no
con una mano e sorrise. – Torno subito!- Come un vortice sparì dietro
una piccola porta che l’uomo non avevo notato. Il prete si trovò da
solo con i suoi pensieri… cosa ci faceva li? Doveva andarsene
al più presto, si sentiva già intrappolato dal sorriso
di quella fanciulla… non poteva rischiare di innamorarsene, lei
non avrebbe potuto mai far dissolvere la maledizione… come poteva
essere amato da una creatura così bella e magica?
Quando Esmeralda tornò nella stanza, non c’era più traccia
dell’uomo che l’aveva salvata, sentì la tristezza
che le pesava sul cuore, ma chi era veramente quell’uomo?
Fu così che il prete incontrò per la prima volta la dolce
Esmeralda, ed ora che la guardava danzare tutto lo stordimento di quel
giorno lontano gli piombava addosso come una coltre di ferro. Se ne andò scuotendo
la testa, cercando di soffocare l’amore che stava nascendo silenzioso
dentro il suo cuore.
Mentre Esmeralda danzava incantando tutti i presenti, arrivò la
folla che acclamava il Papa dei Folli, che veniva portato in testa circondato
da innumerevoli fanciulle in età da marito.
La zingara fermò il suo ballo e incuriosita si avvicinò alla
folla per vedere il tanto acclamato Papa. La gente le aprì un
varco, spinta forse dalla forza della bellezza che emanava, così la
ragazza si trovò davanti il bel cavaliere che festeggiava baciando
ogni ragazza che gli capitava. Ma quando alzò lo sguardo e incontrò gli
occhi divertiti della zingara, i suoi movimenti si gelarono e rimase
immobile a fissare quell’incantevole creatura. Le si avvicinò,
le prese la mano e gliela baciò. – Capitano Febo di Chateaupers,
al vostro servizio- La gitana rimase interdetta, ritirò la mano
e si scostò dal cavaliere. – Vi faccio dunque paura?- Domandò il
soldato imbronciato- Certo che no- rispose lei risoluta, - ma è meglio
che un nobile come voi non baci le mani a una zingara come me!- Detto
questo si allontanò veloce come una saetta senza che nessuno
capisse dove fosse andata. – Chi è quella creatura così bella
e sfuggente?- chiese il capitano ad un passante. – E’ la
zingara Esmeralda, balla e canta nelle piazze di Parigi. Nessuna sa da
dove venga, è un’apparizione!- - Un’apparizione che
mi ha rapito il cuore!- Sospirò il bel giovane.
-Largo alla promessa sposa del Papa!- si udì urlare dal fondo
della parata. Un donnone si fece avanti trascinando con sé una
giovane fanciulla che non sembrava molto felice di trovarsi li. – Eccola
la bella Fiordaliso- In molti si scostarono per ammirare meglio la bellezza
della ragazza, quanto la zingara era una bellezza della notte, tanto
Fiordaliso era una bellezza del giorno. – Signor cavaliere,- disse
il donnone, - ecco la vostra futura moglie!- Febo fece un sorriso di
circostanza e guardò la povera fanciulla. Tutti potevano vedere
che nessuno dei due era contento del matrimonio che ci sarebbe stato
di li a poco. Il cavaliere non si sentiva per niente attratto da quella
ragazza, lui amava la vita notturna, ed era conosciuto in tutti i bordelli
di Parigi, desiderava per sé una donna focosa, non una ragazzina
esile come quella! D’altro canto Fiordaliso avrebbe voluto un fidanzato
più dolce e non un dongiovanni come il capitano… Tuttavia
le due famiglie avevano stipulato un accordo di matrimonio senza chiedere
nulla ai diretti interessati, com’era d’uso comune al tempo.
Intanto, in una stradina semi nascosta li vicino, Esmeralda recuperava
le poche cose che portava con sé quando si esibiva. Ad un tratto
una mano le strinse con forza il braccio e la ragazza si girò spaventata. – Perché hai
smesso di ballare così presto?- Ruggì una voce a lei purtroppo
conosciuta, - Non hai guadagnato abbastanza oggi!- Era Clopin, il capo
degli zingari della Corte dei Miracoli, a detta di tutti un despota. – E’ arrivata
la parata del Papa dei Folli, - balbettò la fanciulla, nessuno è rimasto
a vedermi ballare!- - Bhe, allora lavorerai di più domani!- Detto
ciò la trascinò violentemente verso la Corte.
Per la strada trovarono un uomo disteso a terra che chiedeva l’elemosina,
era il poeta Gringoire, quasi morto di fame, si era staccato dalla parata
per cercare un tozzo di pane da mettere sotto i denti.
Il poeta riconobbe la bella zingara che aveva stregato il suo cuore e
decise di seguirla per capire dove vivesse.
Seguì i due nei vicoli della città, senza perderli mai
d’occhio, finché arrivò nella piazza della Corte. – Dunque è qui
che vive la mia Dea,- pensò il poeta – in questa miseria!
Povera fanciulla!- Il poeta si sentiva in dovere di offrire una vita
migliore a quella leggiadra creatura e se ne tornò sui suoi passi
rimuginando su come fare per legarla a sé per sempre.
Dall’alto della cattedrale di Notre Dame il campanaro Quasimodo
osservava la vita della città. Era solito salire sui tetti della
cattedrale ogni giorno per osservare una ragazza gitana che da un paio
di mesi ballava sul sagrato della chiesa. Guardare i suoi movimenti così leggeri
e aggraziati gli faceva dimenticare la sua deformità. Egli era
infatti un essere deforme, gobbo, zoppo e guercio, ma il suo terribile
corpo racchiudeva un cuore gentile, solo che nessuno lo sapeva. Viveva
nella cattedrale da quando era piccolo, poiché vi era stato abbandonato
a causa della sua bruttezza, e i preti si occupavano di lui come dei
padri amorosi e sensibili. Invano avevano cercato di spingerlo ad uscire
dalla cattedrale per unirsi alla vita che regnava fuori dalla chiesa,
egli era stato sempre risoluto a non mostrarsi agli altri, impaurito
dalla sua stessa bruttezza.
Quel giorno però fu la vita ad andargli incontro…
La mattina dopo la festa dei folli, Esmeralda si era recata a danzare
davanti alla grande cattedrale, ma il cielo si ingrigiva e dopo pochi
minuti aveva cominciato a piovere. – Oggi nessuno si fermerà per
vedermi ballare- pensava la zingara delusa – Cosa faccio ora?-
Sconsolata alzò il capo verso il cielo e vide la chiesa che si
ergeva fieramente davanti a lei. – E se entrassi in quella chiesa?
Da molto tempo vi ballo davanti, ma non so come sia di dentro- La
ragazza sorrise e si avviò verso la porta aperta. Con circospezione
varcò la soglia e si guardò attorno meravigliata dallo
splendore delle vetrate e dai dipinti. Camminò lungo tutto il
perimetro della chiesa, osservando ogni piccolo particolare, troppo indaffarata
per accorgersi che qualcuno la seguiva.
Quasimodo aveva visto la ballerina entrare nella cattedrale e il suo
cuore aveva tremato… forse avrebbe potuto conoscerla! Lei! La
farfalla che volteggiava tra gli sguardi della folla!
Stava pensando se rivolgerle la parola o no, quando Esmeralda si voltò e
lo vide, una ombra informe nell’ombra. – Chi siete?- chiese
spaventata al campanaro. – Non abbiate paura, se avete timore di
me, me ne andrò- rispose il povero ragazzo. Come aveva potuto
credere che lei non avrebbe avuto paura di lui? Si diresse verso l’uscio
che portava ai piani superiori della cattedrale. – No, aspetta!-
La zingara lo aveva rincorso e per fermarlo gli aveva posato una mano
sul braccio. Il povero gobbo aveva sentito il cuore sciogliersi a quel
contatto. – No, non ho paura di voi, siete il campanaro solitario
della chiesa, vero?- Quasimodo si voltò lentamente e annuì.-
Perché ve ne state sempre da solo? Non avete amici?- - Nessun
amico, se non le mie campane- Detto questo la sua faccia si illuminò di
amore. – Povero ragazzo- pensò Esmeralda,- prova amore solo
per delle campane che non hanno anima!- Scacciò quel pensiero
e sorrise. – Io sono Esmeralda…- - Lo so, siete la zingara
che balla e canta sul sagrato di Notre Dame- - Come fate a saperlo?-
chiese sbigottita la ragazza. – Io so tutto quello che succede
a Parigi, dall’alto della cattedrale domino la città! – Si
fermò e la guardò con un fuoco di speranza negli occhi. – Volete
vedere quello che nessun parigino ha mai visto?- Esmeralda lo guardò,
non sapeva ancora se fidarsi o meno di quello strano personaggio che
il buio della cattedrale aveva partorito, tuttavia.. – Si, mostratemi
questa meraviglia!- Il gobbo le fece strada gioiosamente per le scale
che portavano ai tetti della chiesa. Quando la gitana arrivò sul
tetto e guardò giù un nuovo mondo le si parò davanti… com’era
diversa la città vista dall’alto! Come tutto le sembrava
piccolo e insignificante! Respirò quell’aria densa di meraviglia,
chiuse gli occhi e si sentì la regina di Parigi. Quasimodo non
staccò nemmeno per un secondo gli occhi da quella fanciulla, lei
era così felice ora! E lo era grazie a lui! In quel momento si
sentì il re di Parigi.
-Oh! Ha smesso di piovere!- La mestizia nella sua voce ricordò al
gobbo chi era veramente. – Devo tornare sulla piazza a ballare…-
Lo guardò con la tenerezza negli occhi, - Grazie per questo regalo!-
- Non è nulla…- cominciò a dire Quasimodo, ma la
zingara era già scesa dalle scale per tornare in piazza.
Il cuore del gobbo batteva a mille, ora aveva un’amica!
La zingara stava ballando ormai da un po’ tra la folla di curiosi,
quando arrivò Febo in sella al suo destriero. – Ecco, questi
zingari non fanno che portare scompiglio in città. Dovrei cacciarli
tutti … o impiccarli!- Rise di terribile piacere al pensiero di
vederli tutti alla forca, poi si avvicinò al gruppetto che osservava
la zingara e li fece disperdere. – Via di qui, non c’è nulla
da vedere! E’ solo una pagana che sostiene di poter prevedere il
futuro! Vecchia strega, sei una donna da forca!- Solo allora si degnò di
guardare la persona su cui si era focalizzata l’attenzione…-
Voi!- Le parole morirono nella gola del capitano, che si arrestò di
botto, scivolando giù da cavallo. – Che onore! Il Papa dei
folli ha scacciato i miei clienti- disse la fanciulla ironica e seccata.
Poi si voltò per andarsene, ma Febo la fermò. – Non
siate scortese, non sapevo foste voi!- - Non lo sapevate, va bene, ma
ora come farò per rimediare il danaro che mi serve per vivere? – Non
c’era traccia di perdono nella sua voce e il capitano si sentì forse
per la prima volta mortificato. – Vi ripagherò tutto io!-
Era sicuro che così avrebbe ottenuto la stima della bella zingara.
Lei lo guardò e scoppiò a ridere – No, per carità,
non voglio accettare nulla da voi. Cambierò piazza, forse avrò più fortuna-
Febo cominciò a sentirsi offeso, chi era costei che non sembrava
subire il suo fascino? Tutte le donne della città avrebbero venduto
l’anima al diavolo pur di sentirsi rivolgere la parola da lui!
-No, voglio che voi accettiate!- - E io continuo a rifiutare!- Ora Esmeralda
era seccata, voleva solo andarsene di li, quel soldato cominciava a farle
paura. Si ricordò che pochi mesi prima altri tre soldati avevano
cercato di rapirla, probabilmente erano fatti tutti della stessa pasta.
Arretrò senza smettere di guardarlo e quando lui tentò di
fermarla, lei, velocissima, estrasse un pugnale da sotto il vestito e
minacciò di ferirlo. – State lontano, o vi pugnalerò-
La sua voce era decisa e Febo capì che avrebbe potuto farlo davvero. – Va
bene- disse ormai furente – Vi lascerò andare, ma se vi
vedo ancora in questa piazza vi farò rinchiudere.- Detto questo
montò in groppa al cavallo, gettò un ultima occhiata alla
zingara e cavalcò via.
Esmeralda sospirò, si era fatta un nuovo nemico in città,
uno tra i tanti ormai.
In quel momento si sentì osservata, si guardò intorno e
vidi all’angolo della cattedrale una figura nera. – Potrebbe
essere lui, il mio salvatore!- Ma in un battito di ciglia la figura era
sparita. Lei corse a cercarlo tra la gente, il cuore le batteva e le
guance erano in fiamme…. Lo cercava da tanto tempo, ma aveva sempre
l’impressione che fosse accanto a lei.
Ed era vero… ogni giorno Frollo seguiva la ragazza dal suo covo
alla Corte dei Miracoli fino alla piazza dove danzava e non la perdeva
di vista neppure per un attimo. Si sentiva legato a quella gitana, sentiva
che era suo dovere proteggerla da tutti i pericoli di quella strana e
spietata città.
Ogni giorno la ascoltava cantare e illuso credeva cantasse solo per lui,
come quella sera, quando l’aveva strappata ai tre soldati. Ogni
giorno osservava la sua gonna volare sui suoi fianchi, i suoi piedi pestavano
velocemente il terreno, ma il prete sentiva i suoi passi torturargli
il povero cuore. Quant’era cocente il fuoco che gli divorava l’anima
da quando aveva conosciuto la bella Esmeralda!
Gringoire nel frattempo percorreva i viottoli di Parigi, cercando un
modo per guadagnare qualche soldo.
Da un paio di giorni il freddo si era fatto più intenso ed il
poeta era stanco di ripararsi nelle stalle insieme ai porci e alle galline,
continuava a sperare di trovare qualche anima pia che gli commissionasse
un’opera di filosofia o di retorica, d’altronde era la cosa
che conoscesse meglio! Ripensava spesso al suo mecenate Frollo, lui si
che era un autentico appassionato di filosofia! Avevano discusso molte
volte insieme di questioni di filosofia morale, e si era sempre dimostrato
un ottimo maestro. Sembrava fosse scappato dalla cattedrale, spaventato
da una maledizione gettatagli da una vecchia zingara.
Il poeta sentì un brivido lungo le spalle ossute mentre riportava
alla memoria la scena della maledizione. L’arcidiacono Frollo era
sempre stato un fiero oppositore di tutto quello che sconvolgeva la tranquillità della
città e quando era arrivata a Parigi una carovana di zingari cenciosi,
aveva ordinato alle Guardie Reali di rendere loro la vita difficile,
in modo da far anticipare la loro dipartita. Ma quello strano popolo
possedeva un’unica cosa, la testardaggine, così vollero
rimanere nonostante tutto in città. Un giorno, il prete stava
passeggiando per l’Ile de la Citè insieme al poeta, stavano
parlando di Gutenberg e dei libri blasfemi che venivano stampati dalle
sue presse diaboliche, e la tranquillità di quella giornata di
caldo soffocante venne turbata dagli schiamazzi di un gruppo di zingari
che si esibivano come giocolieri.
Il prete, furente, irruppe tra i giocolieri, afferrò il braccio
di uno degli zingari e lo strattonò verso il centro della strada.
Il fato volle che proprio in quel momento arrivasse a tutta velocità una
carrozza, i cavalli si erano imbizzarriti, e il cocchiere non riusciva
a fermarli. Il povero zingaro si ritrovò sotto gli zoccoli degli
animali spaventati e per lui non ci fu nulla da fare…
Dal gruppo di zingari si staccò una vecchia, che corse piangendo
al fianco del cadavere. Vani erano i tentativi delle altre donne di staccarla
dal corpo, ella si strappava i capelli e levava alte grida di dolore
che impietrirono il cuore dell’arcidiacono. Ad un tratto la donna
alzò il volto e due occhi infuocati d’odio si posarono sul
prete. – Voi! Voi non avete mai amato! Che siate maledetto! Che
il vostro cuore si riscaldi d’amore e che nessuno possa spegnere
l’incendio che vi devasterà l’anima! Che passiate
la vostra vita a cercare una donna disposta ad amare un uomo vecchio,
brutto e per giunta prete!- Giusto allora arrivò il capitano
Chateaupers a disperdere gli zingari e a raccogliere il cadavere.
Frollo era sconvolto, le mani gli tremavano e la gola era secca, gettò un
ultimo sguardo alla vecchia e scappò lontano… da allora
non si era mai più visto. Molti raccontavano di aver visto uno
spettro nero che gli assomigliava che vagabondava per la città,
ma i più ormai erano convinti che si fosse gettato nella Senna
per placare i suoi sensi di colpa.
-Povero arcidiacono, non doveva prendere così a cuore quello che
disse la vecchia zingara, le maledizioni non esistono…- Così pensava
Gringoire mentre cercava di che mangiare. – Era un così bravo
maestro, è un peccato che sia mor…- Il poeta inciampò su
qualcosa e rovinò a terra. Si mise a sedere, massaggiandosi le
anche angolose, non avevo un filo di grasso che lo proteggesse nelle
cadute. – Ma su cosa sono inciamp….- Il giovane represse
un urlo di paura… era caduto accanto al cadavere di un uomo, era
troppo concentrato sulla storia del suo mecenate per accorgersi del corpo.
Si strinse nella palandrana e terrorizzato si scostò dal cadavere.
Così facendo, la sua mano urtò qualcosa, la ritrasse subito,
pensando a chissà che, ma al suo sguardo apparve solo un sacchettino
di pelle.
-E questo cos’è? – La sua curiosità prevalse
sulla sua innata paura e raccolse l’oggetto. Il sacchetto era pieno
di qualcosa che tintinnava, Gringoire vi infilò la mano ed estrasse
una manciata di monete d’oro. Strabuzzò gli occhi, non aveva
mai visto così tanto oro in tutta la sua vita, ed il sacchetto
ne conteneva ancora…
-Dio ha avuto pietà di un povero poeta! Non posso crederci… tutto
questo oro.. adesso.. è mio!- Si alzò e si esibì in
una strana danza di gioia, poi prese una moneta e la fece brillare alla
luce del pallido sole invernale.
Diede un’ultima occhiata al cadavere e la sua coscienza ebbe un
repentino sussulto – Forse non dovrei tenermi l’oro di quest’uomo… ma
ormai a lui non serve più, non gli dispiacerà se con la
sua morte ha fatto felice un altro uomo!- Detto questo, corse via, prima
che qualcuno potesse venire a reclamare il ricco bottino. – Con
questo oro potrei sistemarmi, e chissà, forse allora la bella
ballerina gitana potrebbe pure divenire la mia Musa!- Felice di quest’idea
si diresse verso la Corte dei Miracoli, in cerca della sua amata Esmeralda.
Fiordaliso era triste. Si stava provando il vestito per le nozze,
sollecitata da sua madre che non smetteva di rimirarla e di elencare
le meraviglie della vita coniugale. -–Vedrai, sarai felice. Tutte
le donne di Parigi ti stanno invidiando, quel capitano è un ottimo
partito- La fanciulla annuiva senza ascoltare, il suo pensiero
era rapito dall’immagine di un uomo che aveva visto tra la gente
all’elezione del Papa dei Folli… vero, era uno straccione,
ma sembrava essere così gentile d’animo! Aveva ascoltato
una parte della sua rappresentazione, prima che la festa portasse via
tutti gli spettatori.. quell’uomo era un poeta!
La bella Fiordaliso pensava infatti al poeta Gringoire, lui era un gentiluomo
d’animo, s’intendeva di filosofia, altro che la rudezza del
capitano, lui non avrebbe mai potuto parlare d’amore come il poeta.
Ignaro di essere la fonte d’amore di qualcuno, il ragazzo si apprestava
a varcare la soglia della Corte. Arrivò al centro della piazza
e cercò con lo sguardo la bella gitana, ma lei stava ancora ballando
chissà dove, così pensò di chiedere a qualcuno quando
sarebbe tornata la sua dea. – Scusate- disse fermando un uomo barbuto
dall’aspetto certamente non rassicurante, - Sapete quando tornerà la
zingara Esmeralda?- L’uomo lo squadrò da capo a piedi
e dalla sua gola uscì una risata terrificante. Afferrò per
il bavero il povero Gringoire e lo trascinò verso una locanda. – Clopin – ruggì il
nerboruto, - c’è un tale che cerca la tua Esmeralda!- Dalla
porta della locanda uscì uno zingaro alto e imponente, la faccia
rossa, sintomo di qualche boccale di vino di troppo. – Chi è questo
omuncolo che cerca Esmeralda?- Urlò Clopin sbattendo a terra il
poeta. Questi cominciava a pentirsi di essersi spinto fino a quel covo
di manigoldi. – Sono il poeta Gringoire, mi interesso di poesia,
filosofia, retorica…- - Poesia, filosofia, retorica…- Lo
zingaro gli fece il verso causando l’ilarità generale degli
avventori della locanda. – E che vorrebbe il signor poeta da una
ballerina gitana? Le vorrebbe dedicare un sonetto?- Nuovo scroscio di
risa. – No, in verità… vorrei chiederla in sposa-
L’aria si raggelò, nessuno fiatava, Clopin si erse minaccioso
davanti al poeta. – Esmeralda è mia!- tuonò, - nessuno
può venire qui a chiedere qualcosa che è mio! Quest’uomo
va impiccato! Subito!- Gringoire si sentì sollevare dal terreno
da cento mani, ma ormai stentava a credere a quel che stava succedendo,
forse stava solo sognando, almeno lo sperava. La folla di delinquenti
lo portò al centro della piazza, dove capeggiava una forca rudimentale.
Sembrava di trovarsi a una grande festa, le donne spingevano avanti i
bambini perché vedessero meglio e gli uomini arrivavano con i
boccali di birra. Il poeta era ormai allo stremo per la paura, quando
si ricordò del sacchetto di pelle. – Fermatevi! Io posso
pagare!- Clopin azzittì la folla – Che avete detto?- - Ho
detto che posso pagare per avere la zingara- Gringoire infilò la
mano sotto la palandrana e porse il sacchetto col denaro allo zingaro.
Clopin lo guardò diffidente e fece cadere nella mano una pila
di monete d’oro. Mormorii di sorpresa si levarono da ogni parte
della piazza. Un avido sorriso si allargò sulla bocca del gitano – Si,
e che vuoi che sia? Si poeta, Esmeralda è tua, una bocca in meno
da sfamare per me- Lo tirarono giù dalla forca e proprio
in quel momento si fece largo tra la folla la zingara, incuriosita dal
baccano che regnava in piazza. – Toh, ecco la tua sposa!- Esmeralda
non capiva, la sposa di chi? Clopin la prese in braccio, e mentre lei
cercava di divincolarsi, la lasciò cadere tra le braccia del poeta. – Ecco
ragazza, questo è tuo marito e padrone, ora dovrai fare per lui
tutto quello che hai fatto per me!- - Io non sono la moglie di nessuno-
urlò la fanciulla prendendo a pugni il petto di Gringoire. Lo
zingaro spinse a forza la coppia dentro la stanza di Esmeralda, chiuse
l’uscio e lo bloccò in modo da non lasciarli uscire. – Godetevi
la notte di nozze signor poeta!- rise Clopin, - La bella Esmeralda ormai
vi appartiene, fatele ciò che volete-
Rimasti soli nella stanza, la fanciulla si staccò dal ragazzo
e lo guardò furente – Chi siete? E perché Clopin
vi ha chiamato mio marito?- - Non abbiate timore Esmeralda, io sono un
uomo gentile e di buone maniere. Vi ho amata dal primo momento in cui
ho posato i miei occhi su di voi, la dea Afrodite sarebbe nulla accanto
a voi- - Ditemi chi siete!- urlò la zingara impaziente. – Sono
il poeta Gringoire, mi interesso di filosofia, retorica, poesia…-
- Come avete fatto a strapparmi da Clopin? Io gli appartenevo, lui non
si stacca dalle cose che gli appartengono- - Vi ho…ehm.. comprata…-
- Cosa?- Esmeralda si portò le mani al viso sconvolta. – Comprata!
Come si compra il pane o una coperta…- Le lacrime cominciarono
a scorrere sul suo bel viso. – Non dite così, l’ho
fatto perché vi amo!- In un slancio di ardore si avvicinò alla
ragazza, ma ella brandiva già il pugnale e lo minacciava silenziosa. – E
sia! Se mi avete comprata sarò vostra! Ma se vi azzardate ad avvicinarvi
troppo vi ucciderò! Moglie si, ma non amante!- Disse questo e
sparì dietro un uscio, lasciando il poeta ai suoi pensieri. – Bene,
ora lei è mia, ma mi odia, e non sarà mai mia sposa, cos’ho
fatto per meritarmi il suo odio?- E sconsolato lasciò ricadere
la testa in avanti, pensando a quanto crudele fosse il destino.
Il giorno dopo Esmeralda si alzò all’alba e sgattaiolò fuori
dalla stanzetta senza disturbare il quieto sonno di Gringoire. Si addentrò nelle
viette della città ancora addormentata e si diresse verso la chiesa
di Notre Dame. I primi raggi di sole si riflettevano sulle lacrime che
scendevano silenziosamente sul suo volto e sul mantello nero di una figura
scarna che seguiva poco distante la fanciulla.
La cattedrale apparse imponente davanti ai due e Esmeralda si arrestò.
Durante la notte si era ricordata del suo amico campanaro e aveva capito
che forse era l’unica persona che avrebbe potuto capire il suo
dolore. Entrò con circospezione nella chiesa ancora buia e sussurrò il
suo nome, senza osare di alzare la voce con la paura che la scacciassero. – Sono
qui – la voce del campanaro rispose da un antro nascosto. La ragazza
riuscì ad intravedere il profilo mostruoso di Quasimodo e un brivido
di repulsione le scosse le membra, ma lo scacciò subito, non voleva
ferire forse l’unico amico che aveva in quell’odiosa città. – Avete
pianto, perché?- Solo allora la fanciulla si rese conto di avere
ancora le guance umide e salate e tentò di asciugarle con le dita
intirizzite. – Venite – Le fece strada verso un grande braciere
e il fuoco le riscaldò il corpo gelido. – Grazie – disse
timidamente la zingara sorridendo. – Speravo di incontrarvi, io
vorrei parlare con voi… ma forse non vorrete essere annoiato dalle
mie chiacchiere…- - No, parlate se volete, se posso esservi d’aiuto…-
Il viso di Esmeralda si illuminò di riconoscenza. Si sedettero
sulle panche della chiesa e la ragazza sospirò – Vedete,
io non sono che una zingara, sono sempre vissuta viaggiando di città in
città, ballando e cantando per la gente, e sono sempre stata legata
al capo della mia gente. Non potevo mai fare quello che desideravo senza
chiedergli il permesso, non ho mai saputo cos’è la libertà.
E ora sono stata venduta ad un uomo che si è invaghito di me,
ma io non lo amo, non provo nulla per lui. Perché non posso vivere
libera, senza dovere nulla a qualcuno?- La ragazza scoppiò a piangere
e il cuore del campanaro si sciolse in lacrime mute… la cinse
con un abbraccio fraterno e lasciò che si abbandonasse al suo
petto continuando a singhiozzare. Stettero così allacciati per
molto tempo, finché l’unico suono che si poteva udire fu
quello dello scoppiettare del fuoco nel braciere.
Ad un tratto la porta si spalancò ed entrò un’ombra
piangente. Il nuovo ospite della cattedrale non si rese conto della presenza
degli altri due, si accasciò su una panca mentre i sussulti si
impadronivano del suo corpo. Giunse le mani e alzò il volto alla
statua della Madonna – Madre di Dio, perché non hai pietà di
questa tua figlia? Perché dovrò vivere il resto della mia
vita accanto a un uomo che non amo? Che la Morte mi venga a rapire ora,
io non voglio vivere questa vita senza conoscere l’amore!-
Esmeralda e Quasimodo si guardarono stupefatti e commossi dal dolore
di quella fanciulla. La zingara si alzò, le si avvicinò nel
silenzio e le posò la mano sulla spalla. A quel contatto la ragazza
sussultò impaurita e voltandosi le cadde il cappuccio che le copriva
la testa. Occhi neri incontrarono occhi azzurri e la luce del fuoco illuminò i
capelli d’oro della giovane. – Chi siete? Un fantasma? – La
paura echeggiava nella sua voce. – No, sono una zingara che come
voi soffre a causa dell’amore. Non è strano? L’amore
dovrebbe portare felicità nei nostri cuori, eppure sono colmi
di disperazione.- Quasimodo si era nel frattempo avvicinato timorosamente
alle due ragazze, e quando la nuova arrivata lo scorse si strinse nel
mantello tremando con gli occhi socchiusi – Ecco, la mia preghiera è stata
ascoltata, la morte è venuta a prendermi…- Esmeralda, stupita,
guardò Quasimodo con aria interrogativa e poi capì – No,
lui è Quasimodo, il campanaro della Cattedrale. E’ mio
amico, non vi farà alcun male, credetemi!- Il ragazzo sorrise
rassegnato, la sua bruttezza era stata paragonata alla morte, ma ormai
nulla poteva più ferirlo. – Si, non abbiate paura. Non è vero
quello che raccontano di me, io non rapisco i bambini per mangiarli-
Esmeralda era stupefatta, come si potevano dire cose simili? Lui che
aveva un cuore così gentile e puro!
La ragazza riaprì gli occhi dubbiosa, ma il sorriso della zingara
la rincuorò. – Io sono Fiordaliso, sono scappata da casa
perché non sopportavo più l’idea di sposarmi col
capitano Chateaupers…- La gitana rimase di sasso quando udì quel
nome. Quella povera fanciulla doveva sposare quell’odioso capitano,
ora comprendeva il suo dolore. – Che avete? Conoscete Febo? – Fiordaliso
aveva notato lo strano comportamento della zingara e incuriosita voleva
saperne il motivo. – Si, lo conosco… E’ stato eletto
Papa dei Folli…tutti lo conoscono in città- Non voleva
dare alla ragazza altri dispiaceri raccontandole come il capitano si
fosse invaghito di lei. – Io non voglio sposarlo e non voglio tornare
a casa. Dove posso nascondermi? Voi conoscete di certo ogni angolo della
città, saprete trovare un nascondiglio per una povera disgraziata
come me!- Esmeralda sentiva gli occhi supplicanti di Fiordaliso fissi
su di sé. Stava pensando dove poterla nascondere… No, la
Corte dei Miracoli non era un posto adatto a lei… - Potreste nascondervi
qui, nella Cattedrale..- La voce di Quasimodo interruppe i pensieri della
zingara – Qui c’è il diritto di asilo, nessuno potrà portarvi
via- - E’ vero! – La gitana accarezzò il viso di Quasimodo
con tenerezza, - Qui sarete al sicuro , potrete sistemarvi nella mia
stanza, vi porterò io da mangiare. Vedrete, qui starete bene!-
Fiordaliso sentì la gioia crescerle nel petto e con foga abbracciò la
zingara e il campanaro. – Grazie! Come potrò mai sdebitarmi
con voi? – Ora le sue erano lacrime di gioia.
Frollo aspettava pazientemente che Esmeralda uscisse dalla Cattedrale
e intanto combatteva i ricordi che tentavano di soppraffarlo. Per quanto
tempo era vissuto in quella chiesa, ne conosceva ogni pietra… Aveva
cantato ogni giorno le lodi a quel Dio che ora sembrava essersi dimenticato
di lui. – Io mi sono donato a te, ho riposto la mia vita nelle
tue mani, ho rinunciato a tutte le gioie mondane, e tu mi hai lasciato!-
La rabbia traboccava nel suo cuore, la sua anima era accecata dal dolore,
che ormai era diventato il suo compagno di viaggio. Strinse i pugni per
impedirsi di urlare contro quella divinità che restava insensibile
alle sue preghiere, non aveva più lacrime, la sua anima
si era inaridita…
Eppure nell’oscurità in cui ormai viveva era spuntato
un tiepido raggio di sole da quando aveva incontrato la zingara. Un sorriso
si allargò sulle sue labbra, - Esmeralda...- pronunciava il suo
nome come un talismano che scacciava tutti i pensieri dolorosi.
Tutte le notti si svegliava mentre tentava nel sonno di abbracciarla
e si riaddormentava ripensando al suo canto. Se chiudeva gli occhi vedeva
la sua gonna che vorticava attorno al suo corpo e la prima cosa a cui
pensava appena sveglio era il suo sorriso. Ripeteva a memoria ogni suo
gesto e contava ogni suo respiro, era felice perché respirava
la sua stessa aria. Una pesante catena al cuore lo inchiodava al suoi
occhi neri e conosceva ogni più piccolo disegno del suo vestito.
Passava le notti ad immaginare come sarebbe stata la sua vita insieme
alla bella gitana, ma poi scacciava questi pensieri consapevole dell’impossibilità del
loro avverarsi.
-Perché, perché, perché…- Una cantilena dolorosa
scuoteva la sua mente, non avrebbe mai trovato le risposte alle sue più profonde
domande. Questo era un amore maledetto…
Il suo flusso di pensieri fu interrotto dall’arrivo di una ragazza
che piangeva disperata. – Anche quella disgraziata soffre per amore,
quando si piange per amore si soffre dieci volte di più…-
Si guardò le mani attentamente, - Gli zingari dicono che sanno
leggere la vita nelle mani di un uomo, chissà se ci sono scritto
anch’io nelle linee della mano di Esmeralda…No, devo andarmene
lontano, non posso più vivere legato a lei, mi sto facendo solo
del male!-
Il prete era diviso dal suo amore viscerale per la zingara e la consapevolezza
di non poter essere riamato da lei. La maledizione pesava terribilmente
sul suo capo, non poteva più sopportarla… la Senna! Li
avrebbe potuto riposare in pace, le sue acque avrebbero lavato via tutta
la sua disperazione!
Sì, si sarebbe lasciato cullare dalle sue onde, e mentre sprofondava
nel suo abbraccio mortale, il fiume avrebbe strappato in mille pezzi
i suoi incubi come una madre amorevole…
Ma ecco, gli tornò in mente il calore delle sue mani sulla sua… no,
non avrebbe potuto lasciarla da sola, lei era diventata il sangue che
gli scorreva nelle vene…
-Fiordaliso! La mia bambina è scomparsa! E’ stata rapita
dai briganti! Aiuto!-
Le urla di una donna distolsero Frollo dai suoi amari pensieri, la vide
correre sulla piazza mentre la gente, svegliata dalle sue urla, si riversava
nella piazza. Disturbato dal chiasso e desideroso di non venire riconosciuto,
il prete scivolò verso una strada secondaria.
Arrivò allora anche Febo, di ritorno dalla ronda notturna. – Signora
di Gondelaurier, cos’è successo? Perché urlate tanto?
Avete svegliato tutta Parigi!-
La vostra promessa sposa è sparita! Deve essere stata rapita da
qualche malvivente. Oh, vi prego trovatela! La mia unica ragione di vita!-
E la signora svenne tra le braccia del fabbro…
-Io ho visto qualcuno entrare nella cattedrale…- disse una vocina
timidamente. – Sembrava fosse una donna…- Un bambino si
fece avanti e Febo lo squadrò. – Ne sei sicuro?- - Si signor
capitano…- - E allora andiamo a vedere!-
Proprio allora uscì dalla cattedrale Esmeralda, ignara
di quello che succedeva sulla piazza. Il capitano la riconobbe e capì che
era il momento giusto per vendicarsi del suo rifiuto. – La zingara! Il
rapimento di madamigella Fiordaliso è senz’altro opera sua!- La
povera fanciulla si accorse solo allora del capitano e tentò la fuga,
ma Febo spinse il cavallo al galoppo e la raggiunse in pochi secondi. – Dove
vuoi andare… ora vedremo cosa dirai al tuo carceriere!-
Gringoire si svegliò e per prima cosa cercò la zingara
nella stanza per chiederle perdono, anche se tutto quello che aveva combinato
lo aveva fatto in buona fede. Non la trovò in casa, così uscì in
piazza per cercarla. Quando aprì la porta un brusio assordante
lo colpì, tutta la malavita parigina sembrava in pena per qualcosa.
Il poeta si avvicinò ad una vecchia per capire qual era il motivo
di tanto fermento. – Scusate signora, mi potreste dire perché c’è tutto
questo chiasso stamani?- - Dovreste saperlo,- rispose la donna divertita – vostra
moglie è stata catturata dai soldati e rinchiusa alla Santé- -
Mia moglie cosa?- Il poeta stupito si spinse fino alla locanda per cercare
Clopin, lui avrebbe saputo spiegargli cos’era successo alla sua
dea.
Entrò alla locanda e fu investito da una zaffata di odore di vino
e birra, nella cortina di fumo che regnava nella stanza poté intravedere
il capo degli zingari e vi si avvicinò. – Scusate signor
Clopin, - si arrischiò a domandare Gringoire – mi hanno
detto che Esmeralda è stata rinchiusa in prigione…- - Verissimo
compare poeta! Certo non sapete trattare vostra moglie se vi è scappata
così facilmente!- e scoppiò a ridere. – Ma perché è stata
arrestata? Lei non è una criminale!- Protestò il poeta
con veemenza – Non sarebbe capace di fare del male ad alcuno!-
- Eh! L’hanno arrestata perché è zingara, ai soldati
basta questo per buttarci in prigione.- A queste parole tutti assentirono
maledicendo i soldati e le loro famiglie. Gringoire guardò sconsolato
il capo degli zingari – Cosa faremo per tirarla fuori di li?- Clopin
lo fissò e scosse la testa – Non si può fare niente, è il
nostro destino. Prima o poi tutti finiamo sulla forca!- Si levò un
coro di risate a sottolineare la barbarie di quegli uomini. Gringoire
uscì furibondo dalla locanda deciso a salvare la bella zingara
da solo.
Nel frattempo Frollo era tornato alla cattedrale e non sapeva ancora
nulla dell’arresto di Esmeralda. Mentre si avvicinava alla chiesa
udì una donna parlare dell’arresto di una zingara che aveva
rapito una nobildonna. – Ma non lo sai mia cara? Questa mattina
davanti a Notre Dame il capitano Chateaupers ha arrestato la zingara
che ha rapito la sua promessa sposa…- - Non sarà per caso
la zingara che balla e canta sul sagrato della chiesa ogni giorno?- -
Si, mia cara! Lo sapevo io che quella era una maliarda!- Il cuore del
prete smise di battere… la sua Esmeralda arrestata! Corse fino
alla porta della cattedrale e vi entrò come una furia – Dov’è la
gitana?- La sua voce riecheggiò in tutta la chiesa. Tutti si voltarono
a guardare il pazzo che urlava sulla porta, sembrava un fantasma, ma
i suoi occhi erano così vividi e pieni di furore che non poteva
che essere vivo. – Ma quello è…- - Si, è l’arcidiacono
Claudio Frollo!- - E’ ancora vivo!- Lo stupore serpeggiava tra
gli animi dei preti e dei laici che si trovavano all’interno della
cattedrale. – La gitana, intendete Esmeralda?- Il prete si voltò verso
il punto da cui proveniva la voce e incontrò la faccia di Quasimodo. – Si,
proprio lei!- Si ricordava del campanaro, era vissuto fin da piccolo
con i preti della chiesa, ormai faceva parte della cattedrale stessa. – Venite!-
Prima che potessero seguirli scomparvero per una porta segreta e percorsero
le scale fino all’alloggio del campanaro. – Cosa è successo
alla zingara? Parla dunque Quasimodo, raccontami!- - Lei stava uscendo
dalla chiesa, e quel capitano delle guardie…- - Si Chateaupers!-
- Lui l’ha arrestata!- - Ma perché? Ho sentito che dicevano
che lei aveva rapito la fidanzata del capitano- - Si, madamigella Fiordaliso…ma
lei non è stata rapita..- - Insomma spiegati!- il prete si erse
furente sul campanaro. – No, non prendetevela con lui!- La voce
di donna fece sussultare il prete. – Io non sono stata rapita,
mi sono nascosta nella cattedrale per sfuggire al matrimonio con il capitano
Chateaupers!-
-Allora Esmeralda non è colpevole?- - No, anzi… lei mi
ha rincuorata. Povera cara, è stata arrestata ingiustamente!-
- Allora dobbiamo chiarire tutto! Venite con me madamigella, dovete spiegare
al vostro fidanzato come stanno in verità le cose!- - No, vi prego!-
Fiordaliso cadde a terra supplicante – se uscirò di qui,
dovrò sposarlo e io non voglio!- Le lacrime presero a scendere
sul suo volto e il cuore del prete si intenerì. – Ma allora
come faremo a liberarla? Lei non merita di stare in prigione, è più pura
di un giglio!- - La libereremo noi!- disse il campanaro, - a qualsiasi
costo!-
Esmeralda piangeva nella sua cella e si chiedeva quale fosse la sua
colpa. – Solo perché nelle mie vene scorre sangue gitano
io sono colpevole…- La cella era buia e stretta, da una finestrella
posta troppo in alto per raggiungerla filtrava debole la luce del sole.
La zingara se ne stava infreddolita in un cantuccio e cercava di riscaldarsi
le mani strofinandole tra loro.
Dal corridoio della prigione le arrivavano le urla e i pianti delle altre
sciagurate prigioniere e la paura di non poter più uscire di li
la assaliva minuto dopo minuto, ma cercava di allontanarla cantando le
canzoni della sua infanzia… la sua voce melodiosa raggiungeva
le guardie che si fermavano ad ascoltarla mentre i loro cuori si riscaldavano.
- Che fate lì impalati?- tuonò la voce di Febo, - dovreste
essere di guardia, non ad ascoltare una donna che canta!- I soldati balbettarono
le loro scuse e si defilarono, ora il capitano aveva la zingara tutta
per sé…
La porta della cella si aprì cigolando sotto la mano del capitano
e Esmeralda si ritrovò immersa in un mare di luce abbagliante
che i suoi occhi non potevano sopportare. Nel bagliore intravide il profilo
di un uomo, - Chi siete? Vi prego, non fatemi del male, io non ho colpa…-
Impaurita si strinse le ginocchia al petto circondandole con le braccia. – Oh
si… una colpa l’avete…- La zingara impallidì udendo
la ben nota voce, -Mi avete rifiutato… non siete stata gentile
visto che io offrivo il mio aiuto- - Io non volevo offendervi…-
- Silenzio!- La ragazza tacque terrorizzata dal tono del capitano. – Non
cercate di mentirmi, avete pure minacciato di uccidermi se mi fossi avvicinato
a voi… se non devo offendermi cosa devo fare?- La gitana non sapeva
cosa fare o dire per calmarlo, sentiva la rabbia che il suo corpo emanava
nell’aria come se fosse stata una nebbia. – Ma un modo per
farvi perdonare c’è in realtà…- Esmeralda
alzò speranzosa il volto su di lui, ma quello che vide non le
piacque. Nel suo sguardo poteva vedere vividamente la lussuria, i suoi
occhi percorrevano animosi il suo corpo e il suo terrore crebbe ulteriormente. – Cosa
devo fare?- si azzardò a chiedere con un filo di voce la zingara. – Mah,
vedete voi, volete restare qui in eterno a consumarvi con i topi come
compagni, o volete uscire e danzare ancora alla luce del sole?- - Uscire!
Ballare ancora al sole e cantare per la gente! Essere libera di rivedere
l’alba e il tramonto…- rispose con foga la poveretta in
uno slancio di speranza. – Ebbene, così sarà…-
- Ma cosa devo fare per uscire di qui?- Aveva paura di quell’uomo,
non si fidava di lui e delle sue proposte. – Dovete solo condividere
con me questo fuoco che mi brucia l’anima! Io vi amo fanciulla
gitana! Amo i vostri occhi, amo la vostra voce, amo il vostro piede… Quando
cantate, torturate il mio cuore, perché vorrebbe che cantaste
solo per lui, e vorrebbe imprigionare il vostro sorriso in modo da guardarlo
ogni minuto che passa lontano da voi...Non capite che ormai vivo solo
per vedervi danzare? Straccio il mio nome di cavaliere e mi beffo del
mio onore per voi!- Il soldato era caduto in ginocchio davanti alla zingara
e con le mani giunte la supplicava. La ragazza non sapeva più che
fare, non si aspettava una simile dichiarazione da quell’uomo.
Restò muta a guardarlo e aspettò che continuasse. – Non
dite nulla dunque? Sono così spregevole ai vostri occhi?- Febo
guardò il fondo della cella e sembrò riflettere sul da
farsi. Poi si slanciò verso la gitana che, impaurita emise un
gemito strozzato, e le prese le mani tra le sue. – Vi prego, non
avete udito quanto vi amo? Saremmo felici insieme, scapperemmo lontano,
via da tutto e da tutti e ci ameremmo notte e dì…- La
zingara lasciò disgustata le mani del soldato e si ritrasse ancor
di più. – No, io non vi amo! Non voglio trascorrere la mia
vita con voi! Mi fate ribrezzo!- Il capitano la guardò stentando
a credere alle sue parole e l’ira ricominciò a salire dentro
di lui.- E così, mi rifiutate una seconda volta… bene,
non vi chiederò più nulla zingara! Io vi offrivo la vita
e avete scelto la morte… orbene, se anelate così alla
forca, allora ve la lascio volentieri!- Detto questo se ne andò sbattendo
la porta dietro di lui, mentre Esmeralda tornava a piangere e a chiedersi
il perché di quel suo doloroso destino.
Dopo tre giorni dalla visita del cavaliere alla cella della zingara,
la porta si riaprì. La fanciulla raggiante e piena di vita che
danzava per le strade incantando tutti con i suoi movimenti era sparita,
al suo posto vi era una ragazza smagrita e tremante, con gli occhi enormi
dalla paura e un pallore mortale. La poveretta aveva sentito giorno dopo
giorno la vita che l’abbandonava, ormai niente la poteva trattenere
in quella Terra che non le procurava altro che dolore… Di
notte sognava terre lontane, che aveva visitato nel suo esilio senza
fine, sognava il sole che le bruciava la pelle e la luna che vegliava
su di lei nel sonno, ma appena riapriva gli occhi la realtà le
cadeva addosso in tutto il suo squallore. Forse la morte era il modo
giusto per scappare dal suo dolore…
Quel giorno quando la porta si aprì, la zingara alzò il
volto distrattamente e aspettò di sapere cos’altro le aveva
riservato l’odioso Fato.
- Zingara! E’ giunta l’ora che tu muoia!- Un carceriere l’afferrò per
un braccio e la strattonò perché si alzasse. Ella ubbidì senza
emettere un solo suono, finalmente avrebbe abbandonato questo mondo infelice!
I soldati di guardia la guardarono impietositi, ricordavano la sua voce
così dolce che aveva tenuto loro compagnia nelle notti che sembravano
non avere fine. Mentre il carceriere e la condannata passavano tra di
loro mormorarono parole di consolazione alla fanciulla, solo allora la
zingara osò un pallido sorriso.
Fu scortata fino ad un carretto che l’avrebbe portata al
patibolo e, con le mani legate vi fu fatta salire. Il viaggio verso la
morte fu quasi un sogno per la Esmeralda, le sembrava di essere in un
incubo da cui sperava di svegliarsi al più presto, poi vide la
forca che l’attendeva e solo allora capì che tutto quello
che stava vivendo era reale. Tremò forte e sbarrò gli occhi
mentre la folla che era accorsa a vedere la sua impiccagione fremeva
di impazienza intorno a lei.
Ad occhi chiusi salì le scale verso la forca, sostenuta dal suo
carceriere, e ad occhi chiusi si lasciò mettere il cappio al collo,
ormai tutto stava per finire, tra pochi secondi sarebbe stata nuovamente
felice…
Poi si sentì prendere in braccio e le sembrò di volare,
schiuse gli occhi con timore e si trovò dinanzi alla faccia di
Quasimodo, era un sogno? Intanto intorno la baraonda si fece via, via
più forte, tutti urlavano e la cercavano, ma il campanaro era
troppo veloce e seminava i soldati con facilità mischiandosi tra
la moltitudine della folla.
Ad un certo punto si arrestò accanto a una figura incappucciata
e posò la zingara a terra. – Esmeralda, visto che non ti
abbiamo dimenticata?- Quasimodo sorrideva e il suo sorriso illuminava
di dolcezza il suo volto mostruoso. L’altro tolse il cappuccio
e il volto sorridente di Fiordaliso apparve alla ragazza che stentava
a credere a quello che stava succedendo. – Presto, mettiti addosso
questo mantello, così non ti riconosceranno!- La fanciulla prese
il mantello che l’altra le offriva e lo indossò velocemente
calandosi il cappuccio sul viso. Fiordaliso la prese per mano e si allontanarono
verso la cattedrale, mentre il campanaro si allontanava nell’altro
verso.
-Ma dove sono scappati? – La voce furiosa delle guardie si udiva
sempre più vicino.
Da un angolo della strada comparve un uomo vestito di nero, appena i
soldati gli furono vicini indicò la strada opposta a quella presa
dalle due fanciulle – Li ho visti voltare in quella via, se fate
presto le raggiungerete, non possono essere lontani.-
I soldati lo guardarono con una certa inquietudine e proseguirono secondo
l’informazione.
Appena furono lontani Frollo sorrise e si incamminò anch’egli
verso Notre Dame.
Appena Esmeralda e Fiordaliso arrivarono alla cattedrale, la zingara
si sdraiò sul letto del campanaro e si lasciò andare a
un sonno ristoratore mentre l’altra fanciulla la vegliava. – Come
sta? – Fiordaliso sussultò alla voce del prete. Quando gli
stava vicino aveva una strana sensazione, aveva timore di quell’uomo
di cui si dicevano tante cose, era avvolto nel mistero e il suo sguardo
nascondeva rabbia e disperazione… eppure sapeva che era buono,
ma non riusciva a capire perché si interessasse così tanto
alla zingara. Si scostò un poco, - Bene, appena siamo arrivate
si è addormentata, dev’essere così sconvolta…-
Il prete annuì e si chinò a fianco del letto. Restò fermo
ad osservarla, - Anche mentre dorme lascia acceso il sole che ha dentro
di sé – Le accarezzò i capelli e a quel contatto
la fanciulla sorrise nel sonno. – Sorride, si sente al sicuro ora!-
- Si, è questa cattedrale che fa quest’effetto, qui ci si
sente a casa…- - Si, questa chiesa è stata per tanto tempo
la mia casa…- Lasciò cadere il discorso mentre la fanciulla
si avvicinava incuriosita. – Ma non parliamo di cose ormai dimenticate
tra le ragnatele della memoria, ora siamo qui e la cosa più importante è che
questa ragazza sia salva.- - Vero! Esmeralda è salva, ora penseremo
noi a lei!- I due si voltarono e videro sulla soglia della stanza Quasimodo. – Sono
riuscito a scappare dai soldati facilmente, io conosco ogni scorciatoia
di questa città!- Si avvicinò anche lui al letto dove riposava
la fanciulla e la guardò sorridendo. – Bene, la lascio insieme
a voi, io non riesco a restare qui dentro, devo andare via, questa non è più casa
mia.- I due sentirono l’amarezza nella sua voce e si guardarono
interrogativamente. Un secondo dopo il prete era scomparso.
Uscì velocemente dalla cattedrale e si avviò nel cuore
di Parigi seguendo la direzione del vento. Camminava a testa bassa, pensando
alla zingara che dormiva tranquilla al sicuro, sentiva il suo cuore più leggero
e la sua anima era più serena.
Camminava distrattamente immerso nei suoi pensieri, così non si
accorse dell’uomo che lo seguiva. Ad un tratto si sentì prendere
per un braccio e si voltò di scatto. – Ma allora è vero!
Siete veramente voi arcidiacono!- Frollo osservò il suo interlocutore
e gli sovvenne l’immagine di un suo discepolo, un poeta…-
Pierre Gringoire, siete voi!- - Si, ma cosa vi è successo? Siete
sparito così, non vi siete più fatto vedere, tutti pensavano
che foste morto!- - Sono voluto andarmene, avevo le tenebre nel cuore,
non aveva senso restare..- - Avete ragione! Fa bene cambiare ogni tanto…-
- Vi vedo triste caro poeta, che vi succede? - - Succede che ho perso
mia moglie… l’unica donna che io possa amare, il mio angelo,
la mia musa…- - Vostra moglie? Allora vi siete sposato…ma
cosa le è successo?- Gringoire lo guardò con gli occhi
umidi di lacrime e tirò su col naso. – Ho sposato la zingara
che balla e canta sulle piazze della città, la conoscete?- Il
prete tremò e muto annuì. – Ebbene, l’hanno
arrestata e oggi avrebbe dovuto essere impiccata, ma l’ha rapita
uno strano essere, tutti pensano che il demonio sia venuto a salvare
la sua strega…- Nella mente del prete si susseguivano innumerevoli
pensieri, quindi Esmeralda era sposata! Non poteva che essere così,
lei era così bella, come poteva non amare ed essere amata? Sconsolato
lasciò cadere la testa in avanti e sospirò. Il poeta lo
guardò sorpreso e si avvicinò temendo che il suo maestro
stesse male. – Vostra moglie è salva, non era il demonio,
era Quasimodo, il campanaro di Notre Dame. Vi porterò da vostra
moglie, seguitemi.- Non poteva fare altro che riconsegnarla al legittimo
marito…
Si incamminarono insieme silenziosamente verso la chiesa, uno era raggiante
e colmo di felicità per la notizia mentre l’altro moriva
lentamente dentro…
Arrivati alla cattedrale, il prete lo guidò verso la stanza del
campanaro. Il poeta entrò e appena vide la zingara sdraiata sul
letto si slanciò verso di lei per abbracciarla, ma si fermò di
botto quando vide Fiordaliso. La fanciulla riconobbe il poeta, l’uomo
che le aveva rapito il cuore… si fissarono a lungo nel silenzio
della stanza. – Ma chi siete bella creatura?- Il poeta fu il primo
a rompere quel silenzio pesante, già follemente innamorato della
fanciulla. – Fiordaliso…- - Il vostro nome vi sta bene,
siete bella come un fiore, un fiore delicato che io voglio curare per
tutta la mia vita!- - Oh si! Prendetevi cura di me! Ve ne prego! Vi aspetto
da tempo ormai!- Si abbracciarono, tra gli sguardi attoniti del prete
e del campanaro. - Ma Esmeralda? E’ vostra moglie!- Frollo
interruppe seccamente i discorsi dei due innamorati. – Non siamo
veramente sposati, in realtà l’ho comprata dal capo degli
zingari della Corte dei Miracoli, solo ora capisco che in realtà io
amo un’altra, lei non faceva per me!- Il prete sentì che
la coltre di tristezza che gli copriva il cuore era stata spazzata via
da quelle parole.
Proprio allora la zingara si svegliò disturbata dalle voci e osservò tutti
i presenti. Sorrise a Quasimodo e a Fiordaliso, quando vide il
prete restò a bocca aperta e senza parole, ma quando vide Gringoire
il suo volto cambiò espressione, - Che fate qui? Io non sono vostra
moglie! Non voglio vivere con voi, non vi posso amare…- - No,
non preoccupatevi Esmeralda! Io ho scoperto che amo Fiordaliso!- La gitana
guardò i due sorpresa, e poi scoppiò a ridere.
-Come avete potuto farvi sfuggire quella zingara? Voglio che la ritroviate
subito!- Il capitano Febo de Chateaupers era furente con i suoi soldati,
aveva atteso con impazienza il momento dell’impiccagione di Esmeralda,
aveva sorriso freddamente quando l’aveva vista salire sul patibolo,
la sua vendetta stava compiendosi…
- Ma è stato il demonio a liberarla capitano! Non si può andare
contro il volere del diavolo!- I soldati erano terrorizzati al pensiero
di incorrere nella vendetta del Maligno. -–Ma che demonio! Quello
era il campanaro gobbo della cattedrale di Notre Dame! Possibile che
non l’abbiate riconosciuto? Siete degli incompetenti! Come posso
fidarmi di voi? – Febo camminava nervosamente su e giù per
la piazza e rifletteva su quanto era avvenuto. – Probabilmente
la zingara ora si trova all’interno della cattedrale, ma come farla
uscire? All’interno di quella chiesa vige il diritto di asilo..-
I soldati non capivano perché il loro capitano odiasse così tanto
quella fanciulla, l’avevano sempre vista danzare e cantare sulle
piazze di Parigi, non aveva mai rubato o fatto altro di illegale. – Ecco!
Tutti gli zingari sono attaccati alla loro gente, basterà spazzare
via tutta la Corte dei Miracoli e lei sicuramente accorrerà dalla
sua famiglia di straccioni e ladri…- Una risata gelida riecheggiò nella
piazza lasciando i soldati sgomenti.
Intanto nella cattedrale Esmeralda, dopo essersi rifocillata, restata
sola con Frollo, parlava della sua permanenza in prigione. – Ma
perché siete stata arrestata? - - Non lo so caro amico, ma credo…-
Al solo pensiero della proposta del capitano la fanciulla tremò e
si strinse la coperta addosso. – Credete cosa? – Il prete
le si avvicinò e le prese una mano tra le sue, come aveva fatto
lei al loro primo incontro. Lei lo guardò riconoscente e, sospirando,
continuò, - Credo che il capitano della Guardie volesse ricattarmi.-
- Chateaupers? E cosa voleva da voi? - - Lui voleva… voleva che
io diventassi la sua amante, ma io ho rifiutato…- Il ricordo di
quell’incontro così pauroso le rese di nuovo triste e taciturna,
il prete sentì la rabbia che lo accecava e la soffocò per
non spaventare la fanciulla. – Non preoccupatevi, ora siete tra
amici, non potrà succedervi niente di male!- La zingara lo abbracciò e
restarono a lungo così confortandosi a vicenda.
Dopo un paio d’ore Quasimodo irruppe nella stanza cercando con
lo sguardo Esmeralda. – Chateaupers, il capitano sta rastrellando
la Corte dei Miracoli arrestando tutti gli zingari che trova al suo interno!-
La fanciulla lo guardò incredula. – Come? Non può essere!
Si sta vendicando su li loro! E io sono la causa di tutto questo!- Scoppiò a
piangere, la sua gente probabilmente sarebbe stata uccisa solo perché lei
era viva… non aveva senso quello che stava succedendo!
Poi alzò il volto verso i suoi amici smettendo di piangere, mentre
la sua fierezza e la combattività le tornavano, - Dobbiamo fare
qualcosa, non posso restare in disparte mentre la mia gente viene uccisa!-
- Ma ragiona Esmeralda! Non possiamo fare nulla contro i soldati e il
capitano!- Il campanaro cercava di dissuadere la zingara dai suoi propositi,
ma ella si slanciò giù per le scale uscendo dalla cattedrale
verso la Corte dei Miracoli e agli altri due non restò che seguirla.
Nel frattempo gli zingari cercavano di sfuggire ai soldati, incapaci
di trovare un valido motivo per quello che stava loro succedendo. Clopin
incitava i suoi uomini perché si ribellassero ai soldati, ma tutti
erano troppo impauriti per ascoltarlo. – Forza! Tutti addosso ai
soldati! Noi siamo migliori di loro! Siamo più forti! In tutti
questi anni hanno sempre cercato di sterminarci eppure noi siamo sempre
qui! Siamo noi i più forti!- Dicendo così si era arrampicato
su un mucchio di barili di vino che si trovava davanti alla locanda,
e si sbracciava per incitare i suoi fratelli zingari. – Abbattete
quello straccione! – Il capitano infastidito indicò il capo
degli zingari ad un arciere. La freccia fu troppo veloce e Clopin morì senza
nemmeno accorgersene.
Esmeralda correva per le strade di Parigi, impaziente di rivedere la
sua gente, anche se non sapeva cosa avrebbe fatto per salvarli dalla
pazzia del capitano. Dietro di lei arrancavano Frollo e Quasimodo, il
loro solo pensiero era quello di proteggere la zingara. Tutti e tre si
bloccarono quando udirono da lontano gli echi della folle azione di Febo,
si udivano grida e lamenti di uomini, donne e bambini, ai tre si gelò il
sangue nelle vene. La fanciulla tremò pensando a tutte le altre
ragazze zingare con cui aveva giocato da bambina, tutte la sue amiche
d’infanzia forse stavano morendo sotto i colpi dei soldati… e
poi i bambini, quante volte li aveva rialzati da terra quando cadevano
asciugando le loro lacrime… non poteva permettere che per colpa
sua tutte quelle persone morissero. Strinse i pugni e ricominciò a
correre, mentre il prete e il campanaro la seguivano affannati.
In prossimità della Corte scorsero i primi soldati, ridevano trascinando
dietro di loro file di zingari con le mani legate, probabilmente diretti
alla prigione più vicina.
La gitana ebbe un moto di rabbia e stava per lanciarsi contro i soldati,
ma gli altri due riuscirono a fermarla prima che compisse quel gesto
ingenuo. – Esmeralda, non puoi fare niente… sei da sola
e loro hanno pure le armi, sarebbe una sciocchezza, pensaci bene!- Quasimodo
cercava di calmarla, mentre il prete la teneva tra le braccia per impedirle
di scappare. – Lasciatemi! Se siete miei amici capirete che devo
fare qualcosa...- - Si, lo capiamo, ma non possiamo lasciarvi fare una
cosa simile, sarebbe un suicidio!- La zingara sconsolata smise di lottare
e sospirò. -–E' meglio che ci spostiamo in un luogo
appartato prima che ci vedano…- - Guardate! E’ la zingara
che ci è scappata dalla forca! Presto, chiamate il capitano, sarà ben
contento di rivederla!-
La zingara, terrorizzata al solo pensiero di rivedere il capitano, si
aggrappò al collo di Quasimodo e il campanaro la strinse a sé per
proteggerla. – Di qua, scappiamo per questa strada…- Frollo
indicò una stradina nascosta tra le mura di due palazzi e la imboccò velocemente
seguito dal campanaro che aveva preso in braccio la fanciulla.
- Veloci! Stanno scappando! Se ce li lasciamo sfuggire un’altra
volta Cheteaupers ci fa impiccare al posto loro!- I soldati cominciarono
a seguirli, ma da dietro di loro spuntò il capitano. – No,
lasciate che li segua io, voglio avere l’onore di mettere per primo
le mani su di loro.- E tra sé pensò – Voglio proprio
vedere se ora mi si negherà ancora, visto che nelle mie mani ho
le vite di tutta la sua gente, sarà costretta ad accontentarmi!-
Sorrise e rincorse i tre fuggitivi per la strada nascosta.
Intanto nella cattedrale Fiordaliso e Gringoire discorrevano amabilmente,
giurandosi amore eterno. – Come vorrei sposarti ora, qui… sarei
la migliore sposa, la tua fedele amica per sempre!- - Si, e io ti dedicherei
i versi più belli per tutta la mia vita, vorrei averti sempre
al mio fianco, non ti lascerai mai da sola…- - Ma la mia famiglia
non accetterà mai che io ti sposi, ero promessa al capitano Chateaupers,
eppure io non l’amavo e lui non amava me… perché sposarci
visto che nessuno dei due ne sarebbe contento?- - Allora scapperemo lontano
da tutti, vivremo felici insieme, non avremo bisogno di niente se non
del nostro amore…- - Si…allora scappiamo insieme… ora!-
Fiordaliso lo abbracciò felice e gli prese le mani. – Avvertiamo
i nostri amici allora! Rendiamoli partecipi della nostra decisione, saranno
felici per noi!- Detto questo si recarono nella stanza del campanaro,
certi di trovarvi gli altri, ma quando arrivarono furono sorpresi di
non trovarvi nessuno. – Dove saranno andati? Esmeralda non può uscire
dalla cattedrale, altrimenti se viene riconosciuta la arresteranno di
nuovo!- La fanciulla cominciò a preoccuparsi e si voltò verso
il poeta. – Forse è meglio che andiamo a cercarli…-
Parigi silenziosamente osservava la fuga del terzetto tra le sue strade,
mentre il capitano li seguiva orgoglioso della sua trovata, come aveva
immaginato la zingara era caduta nella sua trappola. Seguiva i fuggitivi
velocemente, non vedeva l’ora di porre di nuovo la proposta alla
fanciulla, sicuramente avrebbe accettato, non si sarebbe mai macchiata
delle morti della sua gente. Assaporava il dolce sapore della vendetta,
sarebbe stata la sua schiava, avrebbe soddisfatto tutti i suoi desideri… ormai
il ricordo di Fiordaliso era scomparso dalla sua mente, come poteva essere
paragonata alla zingara? La purezza e la sottomissione contro la sfrontatezza
e la vivacità… la gitana somigliava a tutte le donne che
aveva conosciuto nei bordelli durante le sue spedizioni notturne, le
donne che sapevano accendere il suo desiderio..
Fiordaliso non avrebbe mai potuto competere con loro.
Intanto i tre continuavano a cercare un riparo per sfuggire al capitano,
ma la città sembrava non potere offrire loro nulla, la disperazione
cominciava ad appropriarsi delle loro menti, se si fossero fermati chissà che
sorte li avrebbe aspettati.
- Cosa fare? Il capitano è già vicino!- Quasimodo preoccupato
stringeva ancora più forte la fanciulla tra le braccia. – Continuiamo
a correre, forse Dio ci aiuterà…- Frollo cominciò ad
innalzare silenziosamente una preghiera a Dio, da molto tempo non lo
pregava, lo aveva abbandonato? Li avrebbe aiutati? Almeno la fanciulla,
lui avrebbe donato volentieri la sua vita per lei, una, due, dieci, cento
volte... Esmeralda rannicchiata tra le braccia del campanaro pensava
a quanto affanno aveva causato alle vite dei suoi amici, per colpa sua
stavano rischiando la vita, sembrava che la sfortuna perseguitasse tutte
le persone che le stavano vicine, tutte le persone che lei amava…
-Fermatevi!- Sorpresi, Quasimodo e il prete si arrestarono e la guardarono
meravigliati. – E’ me che vuole, voi andate via… lui
vi ucciderebbe, è meglio che scappiate - - Esmeralda, cosa stai
dicendo?- Il campanaro la posò per terra e le prese le mani. – Non
possiamo abbandonarti al capitano, ti ucciderebbe!- - No, caro amico
mio, non mi ucciderebbe, mi vuole viva…se io acconsentirò ad
essere la sua amante tutti gli zingari saranno liberati, e tutto sarà come
prima…- - No, non tutto, voi non sareste quella di prima, perdereste
tutto… non è giusto!- Frollo, disperato, cercava di estirpare
dalla mente di Esmeralda l’idea di concedersi al capitano.
-No, è giusto così, è il mio destino, devo solo
accettarlo, anche se questo significherà che non conoscerò mai
la felicità… forse col tempo imparerò a sopportare
tutto questo…- - Certo! E credimi, sarai felice con me, dove potresti
trovare un uomo come me? Non certo in un mostro come quel gobbo o in
un vecchio che sembra un fantasma come il suo compare…- Febo avanzava
verso di loro, aveva ascoltato i loro discorsi e si sentiva ormai vincitore. – Giuro
che tutti gli zingari che sono stati arrestati alla Corte dei Miracoli
saranno liberati appena mi dirai che sarai la mia donna. Vedrai, avrai
tutto quello che vorrai, vestiti, gioielli, servitori… sarai l’amante
più ricca di Parigi! Un giorno mi ringrazierai per tutto quello
che ho fatto per te!- - No, Esmeralda! Non accettare! Tu puoi avere di
più dalla vita, non sprecarla con quest’uomo!- Quasimodo
supplicava in ginocchio la fanciulla, trattenendole le mani.
- Come osi intrometterti nei nostri discorsi? Chi sei tu gobbo per ostacolare
i miei propositi?- Il capitano furente estrasse il pugnale e si scagliò sul
gobbo. La zingara velocemente si parò davanti al campanaro e ricevette
il colpo al posto suo.
- Maledizione!- Il capitano indietreggiò portandosi le mani tra
i capelli. Frollo impallidì e corse a sorreggere la fanciulla. – Esmeralda,
no…- La gitana lo guardò e sorrise mentre la macchia di
sangue si allargava sul vestito, - Frollo, prima di andarmene vorrei
che rispondeste alla mia domanda..- - Tutto quello che volete..- - Vorrei
sapere perché avete fatto tutto questo per me… perché mi
siete stato sempre vicino…- - Esmeralda… l’ho fatto
perché vi amo!- La fanciulla gli sorrise, - Grazie, ora so che
non ho vissuto inutilmente, sono stata amata… questo è il
più grande tesoro che esista al mondo… grazie amico mio,
vi ho amato come un fratello, non scordatevi mai di me…- Le lacrime
del prete bagnavano il viso della zingara che invece sorrideva. Ormai
era troppo stanca per parlare, gli occhi le si stavano chiudendo.- Addio,
forse ci ritroveremo dopo la morte, forse li saremo felici insieme per
l’eternità…- Il prete si chinò e baciò le
labbra della fanciulla mentre stava esalando l’ultimo respiro. – Quasimodo,
te l’affido…- Frollo si alzò e guardò rabbiosamente
Febo. Raccolse il pugnale da terra e si avventò contro di lui.
In silenzio il pugnale calò sul capitano, e in silenzio il capitano
cadde a terra morente…
Proprio allora giunsero Fiordaliso e Gringoire, che videro il corpo esanime
di Esmeralda tra le braccia di Quasimodo, e poco più in là il
prete davanti al cadavere del capitano. La fanciulla cominciò a
piangere tra le braccia del poeta mentre Frollo si incamminava verso
il centro di Parigi.
EPILOGO
Quasimodo, Gringoire e Fiordaliso portarono il cadavere della zingara
nella Cattedrale e lo vegliarono tutta la notte, pregando che Dio vegliasse
sulla vita del prete, ormai scomparso tra le tenebre della notte.
Passarono i giorni, lenti e pesanti, e del prete non si trovava traccia,
ma dopo una settimana Quasimodo trovò davanti alla porta della
chiesa un biglietto, incuriosito lo aprì… al suo sguardo
apparvero parole scritte col sangue di un uomo innamorato, era l’ultimo
addio di Frollo alla sua Esmeralda…
Una rosa che si disseta dei raggi del sole,
un fringuello che canta un’ode alla vita,
anima di fragile cristallo,
la tua morte pesa sui nostri cuori
gonfi di nero dolore,
ma il tuo canto continuerà
a risuonare nell’eco dei nostri passi
tra le strade di questa indifferente città.
Lo stesso giorno fu ritrovato un mantello nero stracciato e sporco di
sangue sulle rive della Senna, nessuna sapeva chi fosse il malaugurato
suicida, solo tre cuori innalzarono le loro preghiere a Dio per accompagnare
il viaggio di quell’anima alla ricerca del suo grande amore…
CHIARA V. |